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Le scienziate che non conosciamo (ma dovremmo ringraziare)

 

Hedy Lamarrè nota soprattutto per essere stata un’attriceaustriacache negli anni Trenta e Quaranta ha stregatoHollywoodcon il suo incredibile fascino. Definita “la donna più bella del mondo”, molti non sanno che è stata anche un’inventrice di primo livello, capace disviluppare, tra le altre cose,un sistemadi modulazione per la codifica di informazioni su frequenze radio,alla base delle attuali reti wi fi. Della sua incredibile storia ma anche di quelle di altre donne di scienza parla la fisica quantisticaGabriella Greisonnel suo monologo teatraleSei donne che hanno cambiato il mondo – Le grandi scienziate della fisica del XX secolo, tratto dal libro omonimo della stessa autrice, cheha raccontato aLa Svoltala necessità di non consegnare all’oblio figure così importanti. Com’è nata l’idea di trattare questo tema? Durante la mia formazione a un certo punto ho sentito l’esigenza direndere omaggio alledonneche hanno dato tanto alla Fisica,raccontando le loro vite da un punto di vista inedito che consentisse a tutti di identificarsi in loro. Così ho scelto di far emergere anche i momenti di difficoltà e i modi che hanno trovato per uscirne. Questa chiave di lettura funziona perché tra i diversi monologhi che porto in giro per l’Italia questo è il più richiesto e alla fine capita che le persone mi aspettino per dirmi che si sono immedesimate nelle protagoniste Una simile fusione tra spettatori e palco probabilmente avviene perché la narrazione ribalta quella dell’iper performance e dell’eccellenza tanto in voga negli ultimi anni ma che fortunatamente sta iniziando a scricchiolare? Esatto. Non siamo tutti e non sempre vincenti e pazzeschi come vogliono farci credere. In scena non porto la perfezione ma piuttosto la ricerca dell’imperfezione. Oltre a Hedy Lamarr nel tuo spettacolo e libro ci sono Marie Curie, Lise Meitner, Emmy Noether, Rosalind Franklin e Mileva Maric, come le ha scelte? Ho selezionato figure che durante gli studi ho inconsciamente stimato di più. Dico inconsciamente perché in quegli anni non c’era la consapevolezza dell’impatto del lavoro delle donne nel mondo della fisica, da sempre studiato e raccontato solo da uomini. Per la maggior parte era impossibile accedervi e per questo sono pochissime le pubblicazioni a firma femminile o le studiose prese in considerazione nelle ricerche o invitate a parlare nei panel. Per non parlare dei premiNobel per la fisica, dove su 213 totali quelli assegnati alle donne sono stati fino a ora solo e 4. Nelle vite di quelle che ho scelto rivedo, in parte, gliostacoli e i pregiudiziche ho dovuto affrontare io per emergere. Il mio desiderio di affermarmi è stato tarpato in diversi modi perché volevo farlo in un contesto conregole scritte da uomini per uomini, dove tutti mi dissuadevano a entrare. Mi dicevano: «sei così carina, perché vuoi fare la fisica»? Solo a 30 anni ho iniziato a capire che non dovevo più curarmene e crearmi io la strada che volevo percorrere. Il suo spettacolo può aiutare le giovani d’oggi affascinate dalla fisica ma bloccate da ostacoli sociali e pregiudizi? Credo di sì. Alle ragazze che mi scrivono e seguono sui social dico di superare i luoghi comuni enon lasciarsi ostacolare dalle famiglieche spesso remano contro, e di guardare al futuro attingendo dalle storie del passato. Oltre alla mia caparbietà quello che ho fatto lo devo anche alle grandi donne che prima di me hanno tracciato la rotta. Tra tutte le eroine quale sente più sua? Marie Curie, che è stata la migliore di tutti. Ha vinto due premi Nobel in due materie scientifiche diverse (fisica e chimica) e nessuno, neanche un uomo, l’ha mai raggiunta. Ho amato moltissimo anche Hedy Lamarr e Mileva Maric. A quest’ultima oltre allo spazio nello spettacolo ho dedicato un monologo personale chiamatoEinstein e io. È stata una fisica di primo livello ma sempre osteggiata dall’ambiente perché donna, madre e moglie dello scienziato. Per ridarle un minimo di giustizia seppur postuma ho proposto al Politecnico di Zurigo di conferirlequella laurea che in vita le era stata negataproprio per questi motivi. La domanda è ancora aperta e sto aspettando una risposta ma sarebbe un bel segnale per tutte le giovani, anche perché sono state proprio Svizzera e Germania ad alimentare più di altre nazioni l’ostilità del mondo scientifico verso le donne e sarebbe giusto che da lì arrivasse la prima prese di coscienza dell’errore commesso.

Redazione

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