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Iran: violenze sessuali contro chi protesta

 

«Sceglievano le donne più belle e le portavano dalla cella a un’altra stanza privata. Lì venivano aggredite sessualmente». Con queste parole una ex-detenuta descrive gliorrori delle prigioni iranianeriportati in un’inchiesta dellaCnnsulle violenze e gli abusi sessuali subiti dalle persone arrestate durante le proteste scoppiate dopo la morte di Mahsa (Zhina) Amini. Una tecnica di repressione che sembrerebbe sistematica: nelle scorse settimane infatti erano già stati denunciati episodi dimolestiee aggressioni contro i manifestanti in strada. Il media americano ha potuto confermare diversi casi diviolenza sessualenelle carceri, tra cui lo stupro di almeno un ragazzo minorenne. Secondo la sua testimonianza non si tratterebbe di un caso isolato, anche altri uomini detenuti con lui sarebbero stati violentati e torturati. Un’altra persona è rimasta gravemente ferita in seguito agli abusi subiti. In alcuni casi le violenze sessuali sono state filmate e usate per ricattare le vittime, costringendole al silenzio o a false confessioni. 2 donne sarebbero state ricattate con la minaccia di stupro della loro sorella adolescente. Quasi tutti gli episodi sono avvenuti nellezone a maggioranzacurda. La donna, scappata dall’Iran dopo essere stata detenuta alla stazione di polizia della città di Urmia, racconta che insieme a lei c’eranoragazzi e ragazze di 13 o 14 anni. Tutti quanti erano feriti e le ragazze erano state violentate. Lei stessa è stata aggredita da una guardia che le chiedevafavori sessuali in cambio della libertà. Dalla stanza degli interrogatori si sentivano le urla di un’altra ragazza e quando suo fratello ha cercato di intervenire è stato picchiato con un bastone. Le persone arrestate venivano prima interrogate e a volte spostate in altri centri di detenzione, senza che venisse comunicata la località alle famiglie. Un’organizzazione curda per i diritti umani (KHRN) ha documentato l’esistenza dicentri di detenzione segretinel Paese. Sarebbero centinaia iprigionieri dispersidi cui non si hanno più notizie. Durante le manifestazioni sono inoltre circolativideoin cui si vedono dei veicoli dell’ambulanzautilizzatiper arrestare chi era in strada. Tra i casi di violenza in carcere c’è anche quello diArmita Abbasi, una ventenne di Karaj arrestata il mese scorso per aver scritto deipost contro il regimesui suoi social. Secondo le autorità iraniane sarebbe una delle leader delle proteste e nel suo appartamento sarebbero state trovate 10 bombe molotov. Alcune fonti dell’ospedaleImam Alidi Karaj affermano che la ragazza è stata ricoverata e che presentavaevidenti segni ditorturee ripetute e brutaliviolenze sessuali. Abbasi, tremante e con i capelli rasati, è stata accompagnata nella struttura da agenti in borghese. In alcuni messaggi privati i medici dell’ospedale si dicono convinti che le violenze siano avvenute mentre era sotto la custodia della polizia. Abbasi è stata poi trasportata al carcere Fardis di Karaj prima che la sua famiglia potesse visitarla in ospedale. Nel frattempo il bilancio delle vittime delle manifestazioni è salito a416 morti, tra cui 51 minori. Ieri ilConsiglio per i diritti umanidell’Onusi è riunito in una sessione speciale e hadecisodi creare unamissioneper investigare sui crimini commessi dalla Repubblica islamicain relazione alle proteste.

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