Negli ultimi mesi l’inflazioneè cresciuta in maniera esponenziale, diventando una delle principali preoccupazioni avvertite dalla popolazione a livello internazionale. Nel mese di ottobre i beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono passati dal +10,9 al +12,7%, mentre i prodotti ad “alta frequenza” d’acquisto da +8,4 a +8,9%.Fare la spesa oggi costa quasi il 13% in più rispetto allo scorso anno,un livello record che non si raggiungeva dal 1983. Gli aumenti riguardano ogni reparto del supermercato, a partire da quelli al consumo che hanno fatto registrare un incremento del 3,4% su base mensile e dell’11,8% su base annua. Questa forte accelerazione dell’inflazione è dovuta per lo più a motivi legati alrincaro dei beni energetici,sia regolamentati che non, in misura minore ai prezzi dei beni alimentari, sia lavorati che non, e agli altri beni, durevoli e non.Rallentano invece i prezzi dei servizi ricreativi, culturalie per la cura della persona, che passano da +5,7 a + 5,2%. Lo scenario fortemente critico che stiamo vivendo – tra aumento dei costi delle materie prime, guerra in Ucraina e crisi energetica – non lascia molto spazio all’immaginazione e la corsa ai prezzi del cibo era ampiamente prevedibile. Dall’inizio dell’annoi costi di produzione delle aziende alimentari sono saliti del 16%e, a differenza delle grandi imprese, le piccole e medie non sono in grado di assorbire questo genere di costi al proprio interno e sono costrette ad aumentare ancora i prezzi. Altroconsumoha stilato una classifica degli aumenti sullo scaffale, come ogni mese, basandosi su10 prodotti di prima necessitàe sul prezzo effettivamente praticato al punto vendita della grande distribuzione italiana. La prima cosa che salta all’occhio è che su 10 prodotti,9 hanno subito un aumento in percentuale a doppia cifrarispetto allo scorso anno. A guidare la classifica resta l’olio di semi, ma anche lamargarinasegna rincari consistenti con un +26,5% . L’ondata degli aumenti è preoccupante soprattutto perché colpisce tutti i beni di prima necessità, creando, dunque, disagi in primis alle famiglie più svantaggiate, che dichiarano di voler contenere la spesa e ridurre l’utilizzo. Nella graduatoria Istat dei rincari che incidono di più sulla spesa quotidiana, invece, ci sono ilburrocon un +42,8% rispetto a un anno fa, ilrisocon un +26,4%, lafarinacon oltre il 24% in più e ilpanecon il 16%. Anche i prodotti freschi comelatte,formaggieuovasegnano un forte rincaro del 16,3%. Questi rialzi dei prezzi costeranno564 euro in piùsoltanto per la spesa alimentare, aggravando un trend che vede già oltre 2,6 milioni di persone costrette a chiedere aiuto per mangiare. I costanti aumenti portano il consumatore a esseresempre più attento a cosa acquistae in particolare al prezzo che sta pagando per la quantità contenuta: così inizia a rendersi conto del fenomeno, sempre più diffuso, dellashrinkflation. Si tratta di un evento che si osserva ormai da anni e che consiste nella tendenza dei produttori aridurre la quantità di prodotto all’interno delle confezioni, mantenendo però il prezzo invariato. In altri casi, invece, il prezzo della confezione subisce, seppur in misura limitata, un aumento a fronte della riduzione del suo contenuto. È uno stratagemma che viene utilizzato per aumentare i prezzi in maniera poco trasparente, senza che un consumatore poco attento se ne accorga. La spesa annua per consumi dei nuclei familiari è fortemente diversificata sul territorio, con le famiglie del Nord che spendono di più rispetto a quelle che vivono nel Mezzogiorno, e questo significa che il tasso di inflazione ha effetti diversi sulle tasche dei consumatori. È stata elaborata una classifica delle regioni italiane dove i listini al dettaglio crescono di più, seguendo i dati Istat diffusi il 16 novembre: alprimo posto troviamo la Sicilia,con inflazione al 14,4% pari a 3.487 euro spesi in più all’anno, per famiglia. Al secondo posto troviamo la Liguria con un’inflazione del 13,8%, seguita dalla Sardegna con il 13,6%. Saltando all’ultimo posto troviamo la Valle d’Aostacon inflazione all’8,8% e un +2.962 euro annui a famiglia. L’unica contromisura adottata dalle famiglie è quella di ridurre i volumi dei propri acquisti. Ad apparire particolarmente in difficoltà è la socialità fuori casa, con oltre il 70% dei clienti di ristoranti e bar che ridurrà la propria frequentazione. Resta comunque molto importante la percezione della gente sull’inflazione,poiché è sulla base di essa che decidono come e quanto spendere.
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