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Che Torino sarebbe senza Paratissima!

 

Quest’annoParatissimaè diventata maggiorenne. Si è conclusa il6 novembre lafiera d’arte contemporaneache per 5 giorni ha animato gli spazi dellaCavallerizza Reale a Torino.Un laboratorio di sperimentazione artistica e culturale di inesauribile ricchezza e uno spazio espositivo per giovani artisti emergenti in occasione dell’Art Weekdel capoluogo piemontese. Dal 2005 a oggiParatissimaè cresciuta molto – c’è ancheun sito di e-commercee una trasposizione della mostra nelMetaverso –ma lospirito punksembra essere lo stesso del primo giorno. Pensata come manifestazione off diArtissima, la più grande fiera d’arte contemporanea in Italia, ma con un target più giovane e prezzi accessibili – una media di 150/200 euro a opera – si è spostata negli anni da Torino a Milano e Cagliari e ha allestito eventi di respiro internazionale a Skopje (Macedonia) nel 2014 e a Lisbona nel 2016. «Nasce per scherzo, durante una cena tra amici e studenti di architettura. A un certo punto, ci ritrovammo a dire che sarebbe stato divertente “fare un po’ il verso” aArtissima, proponendo artisti emergenti e prezzi abbordabili», racconta aLa SvoltaLorenzo Germak, socio fondatore e Ceo diPRS s.r.l., società no profit diParatissima. «La prima esposizione poteva contare7 artistiin un appartamento sfitto e300 amicivenuti a sostenerci. L’anno successivo in una fabbrica in disuso, gli artisti erano divenuti 150; negli anni successivi si sarebbero raggiunti anche i600 artistie gli80.000 visitatori». Il successo di Paratissima, secondo lui, è probabilmente il frutto di una felice congiuntura tra un’idea vincente e un periodo di forte crescita vissuto dalla città di Torino in coincidenza delle Olimpiadi. Di fronte a un’arte elitaria, inaccessibile, l’intento di una manifestazione come questa è quello di «dimostrare che l’arte contemporanea possa esserealla portata di tuttisia sul pianocontenutisticosia sul pianoeconomico». A partire dallavalorizzazione temporanea di spazi e immobili dismessiper restituire un bene alla comunità, fino allafunzione formativa per gli artisti stessi,che imparano a esporre le proprie opere, incorniciarle e a elaborare testi critici e a quella di network tra autori diversi che si incontrano, si contaminano e avviano a seguito della fiera delle collaborazioni interessanti. Il tema dell’edizione di quest’anno era ilcirco, appuntoParatissima Circus. Non è stato un caso, perché il legame fra il Circo, una delle forme espressive più antiche in assoluto, e Torino risale alla seconda metà del Cinquecento, quando i Savoia improntarono la vita della corte torinese ispirandosi alle grandi dinastie europee: tra svaghi e mode sempre diverse, un ruolo di prestigio è rappresentato dalle feste di corte, al contempo momento di divertimento, metafora politica e strumento di propaganda. La loro preparazione si articolava in una complessa macchina economica e organizzativa e un’occasione per coinvolgere artisti, letterati, musicisti, ingegneri e artigiani. Non è un caso neppure la decisione di ambientarla negli spazi della Cavallerizza,Accademia deputata dal Duca Carlo Emanuele all’educazione dei paggi di corte all’arte equestre, Teatro nell’aulico maneggio progettato da Benedetto Alfieri nel 1763. Dopo 2 anni difficili, il bilancio per quest’edizione è più che positiva. Più di 9 mostre curate, 5 gallerie d’arte, 9 progetti speciali, 3 guest projects, open studio di residenze e atelier d’artista, live performances, talks e laboratori, senza contare glioltre 200 artisti coinvolti e i 21.000 visitatori.Germak si dice soddisfatto e per il futuro si augura di «proseguire nel percorso di crescita e sviluppo del format, di riuscire a estenderlo in altre città, aumentato i servizi e migliorando le opportunità per artisti e fruitori».

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