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Il sindacato degli influencer

 

Anche i più scettici dovranno ricredersi:influencere content creator- paragonati da molti a delle creature mitologiche, o per meglio dire, a dei fanta-lavoratori – potranno iscriversi allaprima associazione italiana di categoria, inserita nell’elenco delleAssociazioni Professionali del ministero dello Sviluppo economico. È nato infatti il primo sindacato che rappresenta queste figure professionali ancora giuridicamente nebulose. La voce, a dire il vero, circolava già da un anno. Fondata daJacopo Ierussi e Valentina Slonia,Assoinfluencer- la cui campagna per il tesseramento è in fase di lancio – si pone come finalità quella di rappresentare e tutelare le istanze e gli interessi di ben350.000 lavoratori italiani– un gruppo piuttosto nutrito, che includeyoutuber, podcaster, streamer, instagrammer e cyber atleti,per un valore di mercato pari a 280 milioni di euro. L’economia, infatti, parla chiaro: è un settore, quello dell’influencer marketing, che sta vivendo una crescita esponenziale. Nel mondo fattura già14 miliardi, quota chenell’ultimo quinquennio è triplicata. Anche in Italia il mercato si sta evolvendo rapidamente, registrando un +15% nel 2021 rispetto all’anno precedente in base ai dati forniti da DeRev Lab. Inoltre, secondo ilreport “Brand & Marketer” dell’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing (Onim),oltre il 50% delle aziende italiane ha attivato campagne di influencer marketing(IM) nel 2021. È un elemento significativo, che mette in luce la necessità di una regolamentazione precisa. «Quella dell’influencer è una figura nuova e che cambia tanto rapidamente quanto il mondo dei media – spiega Ierussi – I creator possono essere artisti e imprenditori, atleti e divulgatori, ma sono sempre professionisti, capaci di produrre valore attraverso competenze e strumenti specifici. E in quantoprofessionisti, in un mercato ancora non regolato, ciò che fino a oggi è mancato è esattamente una realtà che ne tutelasse diritti e interessi:Assoinfluencerè nata proprio per rispondere a questa esigenza». Non tutti infatti godono del successo diChiara Ferragni,Paola TuranioKhaby Lame: la maggior parte dei 350.000 tiktoker e instagrammer attivi in Italia si collocano in una zona grigia, barcamenandosi traaziende inserzioniste,ban delle piattaforme sociale regole etiche che impongono di segnalare con unadvertisingle pubblicità presenti nei contenuti. Come si legge in una nota diffusa dalla neonata associazione infatti, “questo ambito delladigital economynon solo non è ancora attenzionato da una legge specifica, ma spesso fa scontare ai suoi attori un quadro giuridico poco chiaro e trasparente, nella cui costruzione, l’associazione mira a coinvolgerli”. Perlopiù infatti si tratta di lavoratori autonomi, con partita Iva, di cui fino a ora le istituzioni si sono curate ben poco.

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