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2100: fuga dal caldo

 

2100: fuga dal caldo. Non sarebbe male se fosse il titolo da dare a un film. Ma purtroppo non lo è. Si tratta infatti di una terribile previsione per il futuro. Sì perché se il 2022 entrerà certamente nella storia comeuno tra gli anni più caldi e torridi degli ultimi decenni(e ce ne siamo accorti un po’ tutti), entro il 2100 le temperature potrebbero aumentare così vertiginosamente da raggiungere livelli tali da minare la sopravvivenza dell’essere umano in ampie zone della Terra e costringere intere comunità a enormi migrazioni di massa per scappare dalleondate di caldoafoso e cercare aree abitabili, con temperature accettabili. No. Non è la trama del film di cui prima. Lo ripetiamo: è una terribile previsione per il futuro. Una disastrosa conseguenza delcambiamento climaticoa cui stiamo andando incontro. La stima emerge da un rapporto lanciato da Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale e dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari(Ocha), pubblicato in occasione della 27a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 27), dal titolo “Extreme Heat: Preparing for the heatwaves of the future”, prevista in Egitto dal 6 novembre. Nel corso di quest’anno (e anche di quelli passati non troppo remoti, ci verrebbe da aggiungere) abbiamo imparato a convivere e combattere contro il caldo sempre più afoso: come si legge nel rapporto, le comunità di tutto il Nord Africa, Australia, Europa, Asia meridionale e Medio Oriente sono state soffocate più di tutte datemperature record, mentre più di recente anche gli Stati Uniti occidentali e la Cina hanno ceduto al caldo intenso. Unacrisi climatica globale, insomma, che non ha lasciato scampo a nessuno. Dal rapporto si stima, inoltre, che se non si arriverà a tassi di neutralità carbonica soddisfacenti da qui al 2100 i centri urbani di Paesi come India, Indonesia, Sudan o Kuwait rischiano di non garantire più condizioni sopportabili di vita e ‘’le ondate di caldo incontreranno e supereranno i limiti fisiologici e sociali umani’’ in regioni come il Sahel, il Corno d’Africa e l’Asia meridionale e sudoccidentale, zone dove “i bisogni umanitari sono già elevati e si rischierebbero sofferenze e perdite di vite umane su larga scala, movimenti di popolazione e ulteriori disuguaglianze radicate”. Questo significa che, se nel 2022 solo nei principali Paesi d’Europa si è arrivati a contare almeno 25.000 decessi collegati alle alte temperature, tra meno di 80 anni le emergenze umanitarie globali legate al caldo saranno ancora più mortali, più frequenti e più intense e porteranno a migrazioni forzate di circa 600 milioni di persone che si muoveranno alla ricerca di zone abitabili e condizioni di vita (e di clima) sopportabili. «Dato che la crisi climatica va incontrollata, eventi meteorologici estremi, come ondate di caldo e inondazioni, stanno colpendo più duramente le persone più vulnerabili», affermaMartin Griffiths, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi di emergenza. «In nessun luogo l’impatto è percepito in modo più brutale che in paesi già scossi dalla fame, dai conflitti e dalla povertà». Paesi con il più basso reddito del mondo che stanno già sperimentando aumenti sproporzionati del caldo estremo, pur essendo i meno responsabili del cambiamento climatico e che vedranno un aumento significativo del numero di persone a rischio nei prossimi decenni, primi fra tutti lavoratori agricoli, gli anziani, i bambini e le donne incinte e che allattano. Come sottolineato dal rapporto, la priorità urgente deve essere costituita ampi investimenti che mirino a mitigare il cambiamento climatico e sostenere le condizioni di vita dei soggetti più vulnerabili. Per questo motivo, rassicura Jagan Chapagain, Segretario generale dell’Ifrc, “Alla COP27, esorteremo i leader mondiali a garantire che questo investimento raggiunga le comunità locali che sono in prima linea nella crisi climatica. Se le comunità sono preparate ad anticipare i rischi climatici e sono attrezzate per agire, eviteremo che eventi meteorologici estremi diventino disastri umanitari”.

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