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Chi dorme non piglia pesci… ma impara le lingue!

 

Hai mai provato aimparare unalinguanel sonno? Lo faceva anche Dexter, il piccolo scienziato dai capelli arancioni e i guanti viola che suCartoon Networksi dedicava agli esperimenti più strampalati nel suo piccolo laboratorio sotterraneo. Ma si tratta di pura fantasia o di un apprendimento scientificamente possibile? Alcuni ricercatori francesi e belgi hanno deciso di scoprirlo. Grazie alla tecnica delneuroimaging, che consente di visualizzare l’attività cerebrale e restituire un’immagine del cervello in azione mentre esegue un compito o viene esposto a uno stimolo, «sappiamo cheil cervello è tutt’altro che inattivo mentre dormiamo», spiega suThe ConversationMatthieu Koroma, ricercatore dellaUniversité de Liège, in Belgio. La memorizzazione delle informazioni, però è tutto un altro discorso. Nel 2012è stato dimostratoche gli esseri umani, già in grado di rafforzare i ricordi acquisiti in precedenza, possono ancheimparare nuove associazioni mentre dormono. Per esempio, è stato svelato che gli individui che desideravano smettere di fumare hanno ridotto il consumo del 35% quando l’odore del tabacco veniva presentato nel sonno in associazione all’odore sgradevole del pesce marcio. Per quanto riguarda l’acquisizione di una lingua straniera, i ricercatoriSid Kouiderdell’École Normale Supérieuredi Parigi,Maxime Elbaz e Damien LégerdelParis Hospitals Public TrusteMatthieu Koromahanno ideatoun protocollo per imparare il significato di termini giapponesi durante ilsonno. La scelta del giapponese non è casuale: «ha una struttura relativamente semplice con un numero limitato di possibili unità di sillabe. A esempio la parolaneko,che significa gatto, comprende due unità:neeko. Non contiene un sistema di toni complesso come altre lingue dell’Asia orientale e presenta una fonologia in qualche modo simile a quella del francese o dell’inglese». Il significato però è spesso molto distante da queste due lingue, dunque i soggetti sarebbero stati in grado di distinguere facilmente i suoni, ma non i loro significato. Ai 22 adulti sani reclutati, che non avevano alcuna conoscenza pregressa del giapponese o di altre lingue dell’Asia orientale, sono state mostratecoppie di suoni e immagini mentre erano svegli, come per esempio un cane e il suo verso. Poi, mentre dormivano, i ricercatori hanno riprodotto i suoni insieme ai termini corrispondenti in giapponese, in questo casoinu, che indica il migliore amico dell’uomo. La mattina seguente, «abbiamo chiesto ai soggetti di scegliere tra due immagini per trovare l’equivalente in giapponese, notando che la capacità degli individui di fare l’abbinamento era basata sull’abilità piuttosto che sulla fortuna». Utilizzando l’elettroencefalogramma, che registra i fenomeni elettrici derivanti dall’attività cerebrale, «siamo stati in grado di prevedere quali parole sarebbero state ricordate al risveglio dei soggetti».Itermini ricordati hanno generato onde cerebrali più lente di quelle dimenticate, quindiil cervellosembrerebbe essere in grado, in effetti, di imparare nuove parole e associarle a un significato, anche se i ricercatori non sanno «se questo possa portare a risultati a lungo termine e se dipenda dalle differenze individuali nella capacità di memoria», spiega Koroma. Inoltre, è chiaro cheda svegli i soggetti imparano in modo molto più efficiente: «L’apprendimento lento e implicito che eseguiamo mentre dormiamo è molto diverso da quello rapido ed esplicito delle nostre ore di veglia». Per questobisognerebbe considerare gli stati di veglia e di sonno come complementariperché, concludono i ricercatori, «l’apprendimento del sonno è un modo ottimale per consolidare le informazioni acquisite durante la veglia».

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