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Così l’overtourism cancella i diritti dei residenti

 

Nonostante l’estate sia ormai finita, i turisti continuano a riempire i bar italiani, gli alberghi e ristoranti. Ilturismo destagionalizzatogenera, però, profitti per pochi e alti costi sociali per tanti: l’eterna estate italiana rimette in discussione il diritto alla casa e al lavoro, anche nei piccoli e medi centri, come Lucca o Bologna, dove le abitazioni disponibili sono sempre meno perché destinate agliaffitti brevi per turisti. Il sogno di una crescita infinita finisce paradossalmente per crearepovertà e disuguaglianze. Per trovarecasa in affitto a Bolognapossono volerci mesi e garanzie spropositate. Una stanza doppia in zona universitaria ha raggiunto i 450 euro al mese, un prezzo impensabile fino a poco tempo fa. È uno degli effetti distorsivi dell’overtourism, del sovraffollamento di turisti, che non risparmia neanche le città più piccole, come Lucca, dove il centro storico è stato cannibalizzato dagli alloggi destinati agli affitti brevi su modello Airbnb. Come spiega Gabriele Manella, professore di Sociologia dell’ambiente e del territorio all’Università di Bologna, «Nel caso del capoluogo emiliano, ci sono ragazzi stranieri che rinunciano a venire a studiare all’Alma Mater perché i costi degli affitti sono troppo alti». Ma ilsovraffollamento turisticoha un forte impatto anche sul resto del territorio e sull’ambiente. «I residenti locali vengono confinati fuori, nelle aree periferiche. Andare a vivere fuori significa, però, costruire di più, usare più auto», spiega. Che l’overtourism porti con sé più criticità che benefici è più di un’impressione.Secondo uno studiodiBanca d’Italiapubblicato nell’ottobre del 2019, il sovraffollamento turistico porterebbe non solo portare all’innalzamento del costo della vitaper i residenti ma, paradossalmente, anche allariduzione dei posti di lavoro.A essere colpiti sarebbero soprattutto i lavoratori essenziali, ma secondo Jan Van Der Borg, professore di Economia del Turismo alla Ca’ Foscari, anche gli stessi professionisti del settore turistico risentirebbero delle ricadute negative dell’overtourism, che generalavoro neroe salari da fame. «Chi lavora nel settore del turismo non è pensato come un lavoratore di qualità, ma viene maltrattato – spiega – Per questo gli ex dipendenti delturismo, durante il Covid, si sono riqualificati e spostati su altri settori». Eppure, come dice Manella, «tante località inseguono il sogno di un turismo destagionalizzato, che crei possibilità di guadagno tutto l’anno. È un turismo checrea grandi profitti che vanno nelle mani di pochi, e che crea quindi disuguaglianze», monopoli locali o addirittura finisce per non essere gestito da attori locali ma da «imprese che non hanno l’interesse a ridistribuire le ricchezze». E crea attriti, tra turisti e residenti locali, perchéil prezzo di beni e servizi finisce per essere tarato su ciò che è alla portata dei turisti. «Sono problemi che il mercato non può regolare da solo», spiega Manella. Se da un lato gli operatori turistici hanno bisogno di regolarità per avere un profitto, dall’altro è necessario imparare a bilanciare i flussi. Come dice Alessandro Capocchi, professore di Economia aziendale all’Università Bicocca di Milano, «troppi turisti danneggianoepochi creano inefficienza economica. Concepiamo il turismo in modo passivo. Questo fa sì che lo subiamo. E in particolar modo subiamo le decisioni delle compagnie aeree low cost che fanno arrivare sul territorio una quantità di turisti determinata da loro». La domanda a cui le realtà territoriali dovranno rispondere nei prossimi anni non è quanto, ma quale tipo di turismo. «La capacità di carico dei territori è limitata el’overtourism funziona solo nel breve periodo,ma nel lungo tempo porta a impoverimento: il sovraffollamento turistico è un costo, perché privilegia un turismo di massa, che è veloce e rapido, non rimane sul territorio ma piuttosto lo consuma». Limitare il sovraffollamento turistico solleva, però, altri problemi, come il diritto al libero accesso ai luoghi della cultura o il rischio che il turismo di massa evolva in un’altra distorsione della turistificazione, stavolta di carattere elitario. Ma ci sono anche altre soluzioni: «Si potrebbe pensare a un’offerta turistica più diffusa, che valorizzi tutto quello che è intorno alla città – spiega Manella – In Emilia Romagna, a esempio, negli anni Novanta il turismo si è fatto anche in luoghi diversi dalla riviera. Questo ha creato opportunità sul resto del territorio». Oppure si può pensare una ridistribuzione dei costi e dei benefici: «Si può caricare il turista con l’imposta di soggiorno che però può essere controproducente, o intervenire con tariffe scontate per i residenti – dice Capocchi – Il residente può prendere, a esempio, in affitto una casa a una tariffa agevolata, proprio in virtù del legame di appartenenza al territorio». Ma prima di tutto, sostiene il professore della Bicocca «bisogna che il turista capisca quello che vede, che non faccia la foto sotto la Torre di Pisa per mettere una bandierina e poi andarsene, senza una fruizione dell’opera». Perché senza consapevolezza non può esserci tutela dei diritti. Dei residenti, dei visitatori e del territorio.

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