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Spesa sociale: qual è la situazione italiana?

 

Con il terminespesa socialesi intende la quota della spesa pubblica e della privata destinata a coprire il sistema dello Stato sociale (welfare state). Pertanto, viene considerata quella somma di denaro che utilizzata per i diversiservizi sociali, vale a dire gli strumenti per garantire assistenza a persone in difficoltà in un sistema di Stato sociale. Dal punto di vista costituzionale i servizi sociali sono espressione dello Stato sociale che si preoccupa di promuovere il benessere di tutti i cittadini, di eliminare le condizioni di bisogno in modo da consentire a tutti l’effettivo godimento dei diritti civili e politici e garantire il libero sviluppo della personalità. Per quanto riguarda i dati qui riportati, è stato utilizzato il dato della spesa sociale dei Comuni italiani, spesa in conto corrente di competenza impegnata nell’anno di riferimento per l’erogazione dei servizi, al netto, ossia con l’esclusione della compartecipazione degli utenti e del Sistema Sanitario Nazionale (in caso contrario, i dati risulterebbero più elevati). Il valore dellaspesa socialeda parte dei Comuni italiani è rimasto, eccetto qualche impercettibile aumento, lo stesso di 10 anni fa. Nel 2019, al netto delle compartecipazioni degli utenti e del sistema socio sanitario (SSN), è stato di 7,508 mld, con un leggero aumento del +0,48% rispetto all’anno precedente. Il dato registrato è inferiore al tasso di inflazione (+0,6%) e mette in evidenza un forte arresto rispetto ai livelli di incremento raggiunti nel 2016. A sottolinearlo, il RapportoI servizi sociali territoriali: una analisi per territorio provinciale,prodotto dall’Osservatorio Nazionale sui Servizi Sociali TerritorialidelCNEL(ONSST) in collaborazione conISTAT,secondo il qualela spesa sociale costituisce lo 0,42% del PIL,che arriva a 0,7% con la compartecipazione degli utenti e del SSN. Quest’ultima cifra rappresenta, solamente, un terzo di quanto investono gli altri Paesi Europei nello stesso settore, i quali arrivano di media al 2,1/2,2% del PIL. Secondo l’analisi,l’incremento della spesa non è omogeneo,ma presenta forti disuguaglianze tra e nelle varie regioni. Mettendo a confronto la spesa sociale del 2018 e del 2019 è stato possibile osservare la retrocessione di alcuni territori nel corso dell’anno e come l’andamento non segua il solito schema Nord-Sud. Infatti, aTriesteè stato registrato ilpeggior decrementodella spesa sociale pro-capite con – 21,3% seguito da Caltanissetta e Verona, mentre tra le province che hanno visto unincrementoci sonoGorizia e Lecco, + 20%, accompagnate da Avellino, Foggia, Reggio Calabria, Pistoia e Isernia, tutte con aumenti superiori al +15%. Ad ogni modo, la provincia con il valore maggiore è quella diBolzano (€583), quella con il valore minimo èVibo Valentia (6€). Tuttavia, è lecito domandarsia chi siano destinate tali somme di denaro. Sempre il rapporto CNEL spiega come i principali destinatari della spesa sociale dei Comuni sono le famiglie e i minori, gli anziani e le persone con disabilità. Per quanto riguarda l’area delle famiglie e dei minori, le cifre più basse sono riscontrabili nelle province della Calabria. Inoltre, all’interno di alcune regioni ci sono forti disomogeneità dovute alla presenza dicapoluoghi(come Roma,Milano, Bologna, Genova, Torino) che sono obbligati a rispondere a unamaggiore richiestadi servizi e di conseguenza a spendere di più rispetto alle altre province della stessa regione. Per ciò che concerne i servizi alle persone con disabilità, viene utilizzato meno denaro in alcune province del Nord e della Puglia, come nella provincia di Aosta (€ 1) e di Foggia (€13). Invece, osserviamo che la provincia di Oristano si colloca in cima alla classifica con una spesa nel settore dal valore di € 140, seguito dal Sud- Sardegna e da Nuoro. Nelle spese sociali rivolte agli anziani, sono presenti alcune province del Centro e del Centro-Nord con un valore inferiore a € 15: Pescara e Terni (€ 7); Ascoli Piceno, Chieti, Campobasso e Sondrio (€ 9); Latina, Catania, Perugia e Napoli (€ 12); Como, Ragusa, Lodi e Rimini (€ 13). Studiando i risultati della ricerca, i consiglieri del CNEL, Gianmaria Gazzi e Alessandro Geria, sostengono che «va portato a termine il processo di definizione normativa degli obiettivi di servizio e dei livelli essenziali (LEPS) operata con le due ultime Leggi di Bilancio, attualmente sostenute anche da risorse delPNRR[…]». Bisogna, inoltre, «favorire lo scambio di esperienze dai Comuni che già adottano best practices, verso quei comuni che risultano maggiormente deficitari nell’erogazione dei servizi sociali, sia fra le regioni che al loro interno». Dunque, investire denaro nei diversi servizi sopracitati è indispensabile pergarantire gli stessi diritti socialinei diversi territori italiani; solamente in questo modo sarà possibile rallentare la lenta e spiacevole crescita dei fenomeni di diseguaglianza,povertàe disagio.

Redazione

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