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Ai terremoti piace l’umidità

 

Una buona parte del mondo è sott’acqua. Stavolta non parliamo dell’innalzamento del livello del mare e di tutte le mete balneari e le isole che, secondouna mappa interattivadella Nasa, verranno sommerse da qui al 2150. Parliamo dellepiogge che hanno allagato e devastatovarie zone del mondo, dalPakistanall’Italia centrale, dalBrasileall’Australia: fenomeni simili, a lungo andare e in determinate aree, potrebberofavorire la generazione di eventi sismici. Unaricercache si è concentrata sulla catena montuosa dell’Appennino, in Italia, evidenzia chei periodi climatici maggiormente piovosidella durata di qualche anno determinerebbero un accumulo di acqua nel sottosuolo e l’aumento della pressione in prossimità delle faglie,agevolandoi terremoti. Il recente studio dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentalepubblicato suFrontiers of Earth Science, una rivista scientifica che mira a riunire su un’unica piattaforma le migliori ricerche dedicate al pianeta Terra, ha analizzatole tempistiche dei terremoti più fortiavvenuti lungo gli Appennini a partire dal 1901 in relazione alle variazioni dell’umidità del suolo. I dati mostrano nuove evidenze statistiche sullasimultaneità tra i terremoti, che sono causati da movimenti della crosta terrestre e dal conseguente accumulo di sforzo che ne causa la fratturazione (in geologia è la frattura di una roccia con distacco delle parti),e le fasi di clima umido. Degli eventi sismici analizzati, di magnitudo da 5.8 a 7.1, due in particolare hanno confermato la connessione tra le condizioni climatiche umide e il verificarsi di forti terremoti:il terremoto della Marsica del 1915e quellodell’Irpinia-Basilicata del 1980, rispettivamente di magnitudo momento sismico Mw (una scala sismica legata all’energia totale sviluppata dal sisma, con cui vengono classificati gli eventi più intensi) 7.1 e 6.8. Confrontandoli con le fluttuazioni delPalmer Drought Severity Indexautocalibrato,un indicatore dell’umidità del suolo, i ricercatori hanno notato che i due terremoti si sono verificati esattamente nell’anno di due dei massimi picchi dell’indicatore. “Gli Appennini, con l’esclusione della loro parte più meridionale, sono un’altra zona d’Italia (oltre alla zona nord-orientale,ndr) in cui convivonoforte sismicità(magnitudo del momento fino a 7.2)e affioramenti di roccia carbonatica(roccia sedimentaria calcarea e dolomitica formata da carbonati,ndr), suggerendo un possibile ruolo significativo delleprecipitazioninell’innesco dei terremoti”, spiega la ricerca. «Il fenomeno è noto da decenniin relazione a singoli terremoti o piccole sequenze sismiche innescate dalla creazione di bacini o da eventi alluvionali», spiegaPier Luigi Bragato, primo tecnologo del Centro di Ricerche Sismologiche dell’OGS e autore dello studio. «Terremoti disastrosicome quelli della Marsica del 1915, del Friuli del 1976, dell’Irpinia del 1980 e dell’Aquila del 2009sono avvenuti in corrispondenza di picchi del carico idraulico», continua il ricercatore. «Questa corrispondenza si estende anche ai secoli passati, con un incremento di attività sismica nel corso delle fasi più acute di quella che dai climatologi viene definita Piccola Era Glaciale, a cavallo del 1300 e tra 1600 e 1900. Per contro, la sismicità tende a diminuire in maniera statisticamente significativa nei periodi di clima secco». Il fenomeno è stato evidenziato inun ulteriore studiorelativo allaCalifornia meridionale, dove si osserva unarelazione tra la drastica riduzione della sismicità ela siccitàdegli ultimi anni: questa diminuzione, scriveva Bragato nel novembre del 2021, «è andata di pari passo con la riduzione della ricarica meteorica delle falde acquifere, noto fattore in grado di incidere sulla sismicità. La tendenza in atto versoun clima arido, resa più evidente dalle recenti gravi siccità, potrebbe aver contribuito alla riduzione dei terremoti degli ultimi decenni». Gli studi pubblicati dall’Ogs, che si soffermano su aree caratterizzate da forti terremoti, «sembrano indicare chel’effetto delle precipitazioni nel favorire l’occorrenza di eventi sismicinon sia episodico e marginale, bensì possa essereun elemento chiaveda considerarsi nell’evoluzione della sismicità», conclude Bragato.

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