Ipocrisia e reazioni tardive, questo è ciò che è apparso all’interno delPartito Democraticodopo la disfatta del venticinque settembre scorso. Amareggiata e sconvolta, la dirigenza denuncia la scarsità di deputate e senatrici elette. Una storia che a onor del vero sembra ripetersi a ognielezione, seguita a sua volta da innumerevoli giustificazioni e attenuazioni di colpa. Ilfemminismoe l’abbattimento della struttura patriarcale ci insegnano che lacompetizione tra donnerappresenta una delle prime trappole di cui siamo vittime. Non ho mai creduto alla frase: “Le donne sono le peggiori nemiche delle donne”, ma in questa circostanza mi sento, in parte, di poter dissentire. Partiamo da un assunto, seppur scontato: la leadership nel Partito Democratico, come nella maggioranza dei partiti italiani, è nelle mani di uomini bianchi cisgender. Uomini che mantengono saldamente il proprio potere grazie a una protezione. Protezione che ha portato alcune donne in posizioni apicali seppur maggiormente fragili. Protezione che nessuno vuole scardinare o realmente mettere in discussione. Una piccola èlite di donne che possiede un piccolo agognato spazio nel partito, si esprime in questi giorni tramite Tweet di delusione e preoccupazione, pur essendo tra le prime responsabili di una mancanza ormai insostenibile. L’amara realtà è che anche queste donne sono vittime. Nessuna di loro è realmente disposta a mettere in discussione ciò che ha guadagnato tramite fatica e compromessi. Mantenere quell’agognato potere ben saldo o rischiare di alzare la voce e disturbare? Meglio optare per la prima opzione. Con mio grande rammarico ho assistito numerose volte a questa triste e deludente evidenza. Nessuna donna mi si è mai avvicinata per prendermi per mano e accompagnarmi assieme ad altre ragazze verso un cambio di rotta. Nessuna donna ha mai detto alle nuove leve: “Andiamoci a prendere il nostro posto, basta correnti, formiamo una squadra”. Coloro che si avvicinano sono gli uomini. E così riprende vita il circolo vizioso, un circolo che non accenna a cambiare. Non esiste rivalità dinnanzi a un’urgenza, non esiste paura che non possa essere battuta, non esiste nulla che debba mettere in discussione l’importanza di un dato troppo grave per essere ulteriormente ignorato. Una donna segretaria non cambierà le cose, se la base e il corpo del partito rimangono gli stessi. Vogliamo donne che vengano prese per mano da altre donne, vogliamo leadership femministe e non femminili e soprattutto una squadra. Ricordiamoci che nel momento in cui scegliamo di tacere, di pensare esclusivamente a noi stesse, siamo indifferenti, siamo complici, siamo colpevoli.
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