La contrazione delpotere d’acquistoin Italia è all’ordine del giorno. Cerchiamo di approfondirne le dinamiche, spiegando per prima cosa che per potere d’acquisto intendiamo la quantità di beni e servizi che è possibile acquistare in un certo momento con una determinata quantità di moneta a disposizione, dati i prezzi vigenti sul mercato. Nel primo trimestre del 2022,il potere d’acquisto delle famiglie italiane è cresciuto dello 0,3%rispetto al trimestre precedente, mentre lapropensione al risparmioè aumentata dell’1,1% arrivando al 12,6%. Avendo visto susseguirsi, nel corso degli ultimi anni, una serie dicrisi economiche,energetiche, unapandemiae l’invasione russa in Ucrainaviene naturale porsi qualche ragionevole domanda sulle strategie da mettere in campo in un mondo in cui le persone (gli agenti economici, diremmo noi economisti) devono affrontare un grado di incertezza senza precedenti. Tra i fattori principali che influenzano il potere d’acquisto delle famiglie ve ne sono principalmente due: glistipendie ilprezzo dei beni. Iniziamo dagli stipendi: basti pensare che a oggi in Italia manca ancora unalegge sul salario minimoe che dal 1990, il nostro è l’unico Paese europeo in cuigli stipendi medi annui sono diminuiti, registrando una flessione del 2,9% in termini reali. Secondo uno studio dell’Istat sono 1.300.000 i lavoratori che guadagnano meno di 8,40 euro l’ora. Il che fa sorgere una nuova domanda: come è possibile dare impulso alla crescita del Pil in un Paese dove gli stipendi continuano a scendere? Ed arriviamo al prezzo dei beni. Gli eventi dell’ultimo decennio hanno portato, inevitabilmente, a un aumento generale del prezzo dei beni, riconducibile anche all’aumento dei prezzi delle materie prime, dei costi per l’approvvigionamento energeticoe dall’aumento dei consumi post-Covid. Nel mese di luglio in Italia l’inflazioneera arrivata all’8% su base annua, a fronte di un 8,1% in Ue e di un 8,6% negli Stati Uniti. Che è in corso un aumento prolungato del livello medio dei prezzi di beni e servizi che continuerà a generare una diminuzione del potere d’acquisto della moneta. Basta tornare indietro al 2008 per notare come la situazione economica italiana sia precipitata, perché, come ci mostrano i datiEurostat, mentre la media europea del consumo pro capite era a 18.000 euro, quella dell’Italia era a 19.300 euro. Oggi nell’Ue la media è di 21.100 euro e in Italia è 20.600 euro. Questa diminuzione non è avvenuta in tutti i Paesi: Germania, Lituania, Belgio, Romania e Polonia sono la prova di come si possa migliorare, proprio perché oltre ad aver visto aumentare il reddito medio pro capite dei loro abitanti, hanno mantenuto i prezzi dei beni proporzionali. Ecco perché, se analizziamo le città italiane sotto il profilo del potere d’acquisto comparativamente rispetto al resto del mondo, secondo uno studio effettuato dall’azienda Papernest, possiamo osservare che non si posizionano nemmeno tra le prime 130 posizioni. Bisogna scendere fino al 136° posto, dove troviamoTorino, seguita daBolognaal 152°. Le uniche città europee a essere tra le prime 50 sono Zurigo e Stoccarda, mentre gli Stati Uniti sono il Paese maggior numero di città nei gradini alti. Allo stesso modo Paesi come Canada, Australia e India continuano ad avanzare migliorando il proprio potere d’acquisto e portando le loro città più importanti tra i primi 50 posti. Possiamo affermare che la pandemia abbia contribuito in larga scala ad aumentare le disuguaglianze delle famiglie nella loro veste di consumatrici e sappiamo che il 2020 ha segnato una diminuzione del 2,6% in termini di potere d’acquisto il reddito disponibile dalle famiglie, mentre la propensione al risparmio è passata dall’8% al 15,9%. È una reazione del tutto comune: di fronte all’incertezza, tendiamo a reagire in autoprotezione e smettiamo di consumare. Anche perché, dal 2021 le famiglie che vivono nell’insicurezza finanziaria sono passate dal 10% al 17% e, secondo i dati emersi da uno studio diIpsosperWeWorld Onlus, una donna su due ha visto peggiorare la propria situazione economica drasticamente. Un’indagine delNielsenIQha suddiviso i consumatori italiani in cinque gruppi sulla base delle situazioni che si sono trovati ad affrontare e dell’approccio che hanno sviluppato in questa nuova fase storica. Il 52% dei consumatori viene definito“cautious” (cauto) perché, anche se non colpito dal punto di vista della sicurezza finanziaria, continua a fare attenzione alle spese. Il 18% è stato definitio“unchanged”, (invariato) perché non ha avuto impatti sulla sicurezza finanziaria, il 14% è stato definito“rebounder”, e quindi in ripresa. Il 10%“struggler” (lottatore) perché ancora si trova nell’insicurezza finanziaria e infine il 7% è stato definito“thriver” (prospero) perché durante il Covid ha risparmiato e quindi ha visto aumentare la propria sicurezza finanziaria. Mentre la pandemia è stata un’esperienza condivisa a livello globale, le priorità dei consumatori sono risultate molto diverse ed è stata segnata una nuova frattura economica nel corso del 2022. Se si entrasse in un periodo di recessione, lo Stato dovrebbe rivedere buona parte dei suoi piani per il futuro, aumentando la spesa sociale in difesa dei più poveri e dei disoccupati. Qualsiasi governo nascerà dalla prossima elezione avrà il ruolo fondamentale di sostenere l’economia e la crescita dei consumi per non far diminuire il Pil più di quanto non stia già facendo.
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