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Elezioni: una cosa sono i social, un’altra è la realtà

 

La realtà non è la bolla dei social, dove per settimane i partiti di sinistra si sono espressi contro il cosiddettovoto utile, quello che di solito viene chiesto dal Partito Democratico per “arginare le destre”. Discorsi legittimi e interessanti ma che non hanno spostato voti: alla sinistra del Pd le percentuali sono rimaste grossomodo le stesse di sempre, mentre l’unico risultato oltre le aspettative rispetto ai sondaggi, visto l’andazzo discendente degli ultimi 5 anni, è stato ottenuto da Giuseppe Conte con un Movimento 5 Stelle che è arrivatoprimo in tutte le regioni del Sud, sia alla Camera che al Senato, con l’unica eccezione della Sardegna. Ilrecord negativo dell’affluenza, arrivata al 63,9% (9 punti in meno rispetto al 2018), mostra cheil vero “voto utile”per molte persone non corrisponde più al Partito Democratico, ma alnon andare a votare.In tutte le fasce d’età troviamo persone che hanno maturato un’idea di inutilità del proprio voto, che hanno perso fiducia nelle classi dirigenti (discorso detto e ridetto) e che non hanno trovato rappresentanza nei partiti, che fanno leva su battaglie percepite distanti o astratte, senza aver proposto o attuato misure contro i problemi economici dei nostri tempi. La realtà è una cosa distante anche dal circolo Twitter di Calenda, una bolla elitaria convinta che la ricetta del successo fosse puntare su un’agenda Draghi di cui probabilmente nemmeno lo stesso Draghi era al corrente, parlando incessantemente di rigassificatori quando, probabilmente, il 95% della popolazione non sa nemmeno cosa sia. Il 7,6% è un risultato di cui gioire solo per Renzi, che correndo da solo non avrebbe mai raggiunto la soglia necessaria. Per il Leader di Azione si tratta di ridimensionamento visti gli obiettivi che si era prefissato Calenda, ovvero superare la Lega e Forza Italia attraendo i voti dei moderati di centrodestra (aggiungendo che Forza Italia avrebbe sfiorato la soglia di sbarramento del 3%) e andare oltre la doppia cifra. Maquali piattaforme digitali usano gli italiani per informarsi? Secondo ilDigital News Reportsull’Italia delReuters Institute,il 45% delle persone usaFacebook, il 26% WhatsApp, il 21% YouTube, il 18% Instagram e solo l’8% usa Twitter per seguire le notizie. Questi dati servono a far capire cheogni interpretazione politica sul Paese che si basi su cosa accade su socialcome Instagram e Twittersia infondata:queste bolle non rappresentano e non rappresenteranno una sintesi dell’intera popolazione, ma solo una minoranza. Lo ha spiegato perfettamente il giornalista Valerio Nicolosi: «Seguiamo i profili degli e delle influencer che ci piacciono, ascoltiamo chi ci rassicura. Nelle nostrebolle, o almeno nella mia, la sinistra sarebbe stata maggioranza assoluta dei voti. (…) Le piazze sono sempre state il luogo della politica, lo spazio virtuale è stato complementare fino a pochi anni fa, quando lo ha sostituito quasi del tutto, trascinando anche la politica istituzionale in un terreno nel quale si muove come un elefante in una stanza di cristalli». Questo non significa che la lotta nelle piazze non esista (penso a quanto hanno fatto e stanno facendo movimenti come quello delCollettivo GKN, Non Una Di Meno e Fridays For Futuree tutte le organizzazioni che danno voce agli ultimi): bisogna continuare su questa strada e magari tesserarsi a partiti che rappresentino le nostre idee.

Redazione

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