L’ecosistema marinocontinua a rimaneresenza una protezionecomplessiva a livello globale. Questo è il risultato delmancato accordoall’ultimo round – il quinto – delle negoziazioni iniziate il 15 agosto presso le Nazioni Unite, dove per due settimane si è discusso del nuovoTrattato per la protezione dell’Alto Mare(UN High Seas Treaty). Al momento attuale solo l’1% dei territori marini al di fuori delle acque territoriali sono protetti, mentre l’obiettivo minimo globale prevede di arrivare atutelarne almeno il 30% entro il 2030. La battaglia per raggiungere tale obiettivo è in corso da più di 15 anni e avrebbe come scopo la sostituzione del precedente trattato, ormai obsoleto, siglato nel 1982. Nella prima parte dell’anno siera svoltoil quarto round delle trattative, dopo che per ben 4 anni gli incontri erano stati rimandati, anche a causa della pandemia, nonostante l’enorme importanza della questione: «Indifferentemente da dove vivete, l’Alto Mare sta contribuendo all’ossigeno che respirate ed è uno dei regolatori climatici delPianeta. L’oceano assorbe le nostre emissioni carboniche e sta rendendo davvero la nostra esistenza possibile sulla Terra, mentre fornisce cibo a miliardi di persone», ha ricordato Peggy Kalas, coordinatrice dellaHigh Seas Alliance, una coalizione di più di 40 gruppi ambientalisti. Gliscopi del nuovo accordosono focalizzatiprincipalmente su 4 punti chiave, che prevedono la creazione diestese aree marine protette, il miglioramento delleanalisi sull’impatto ambientale del nostro modello di sviluppo,ilfinanziamento di progetti nelle nazioni in via di sviluppoe lacondivisione di materiale geneticodell’ambiente marino, quali piante e animali, che possa fornire benefici alla società attuale. L’urgenza di misure simili è dettata dalla rapida degradazione dei mari e degli oceani, dove una recentericercafinanziata dallaNational Oceanic and Atmospheric Administrationevidenzia che frail 10 e il 15% delle specie marine sono già a rischio estinzionea causa della crisi climatica in peggioramento. Infatti il 90% del riscaldamento globalesta avvenendoall’interno degli oceani, con un continuo aumento delletemperaturee dell’acidificazione. Il fallimento del quinto round è dovuto ai continuiritardi e ostruzioni promossi da vari Stati, nonostante il tentativo di alcuni gruppi, come le Isole del Pacifico e quello dei Caraibi, di trovare un accordo definitivo. La nazioni del Nord del mondo hanno solonegoziatonegli ultimi giorni, mentre Paesi comeUsa, CanadaeRussiahanno paralizzato qualsiasi accordo vincolante. Di fronte a questo stallo, la consulente strategica Sofia Tsenikli dellaHigh Seas Allianceha diramatouna notadi biasimo: «Siamo contrariati dal fatto che i governi al meeting dell’Onu non abbiano approvato ilTrattato dell’Alto Mareentro la fine di questa settimana.Tuttavia, è stato stimolante assistere allo slancio globale per l’azione a favore degli oceani costruita costantemente durante questi negoziati. Le varie comunità del mondo stanno chiedendo un’azione decisiva per proteggere la vita marina e salvaguardare il ruolo vitale che gli oceani hanno per il clima, la sicurezza alimentare globale e soprattutto la salute del nostro Pianeta. Gli Stati ora devono trarre profitto dai progressi compiuti e mantenere le promesse per un ambizioso Trattato per la fine del 2022».
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