La baraccopoli pugliese diBorgo Mezzanoneè una delle più grandi d’Europa ed è in piedi da almeno trent’anni: prima ospitava albanesi e romeni, adesso nigeriani, camerunensi e somali. A separarla dal centro abitato, una strada invasa daliquami di ogni generee costeggiata da montagne dispazzatura, feci umane e carcasse di animali morti. L’odore è così forte che non si riesce a respirare. Quasi a ricordare, a chi passa di lì, che a poche centinaia di metri c’è l’inferno. Per smantellare la baraccopoli, che sorge a 20 minuti d’auto da Foggia e che a oggi conta circa 4mila persone, il Pnrr ha disposto oltre 50 milioni di euro. Ma cancellare un ghetto è impossibile. Come spiegaMarco Omizzolo,docente di Sociopolitologia delle migrazioni alla Sapienza di Roma e autore diPer motivi di giustizia(edizioni People), «ilghettonon è una sommatoria di baracche ma un ambiente chesvolge una funzione sociale. Ecco perché questi insediamenti informali, quando vengono demoliti, si ricostituiscono. Il ghetto riesce a rispondere a quei bisogni primari dei migrantia cui lo Stato non riesce a rispondere. C’è una stratificazione sociale e culturale, che diventa economica e in alcuni casi criminale». Da oltre dieci anni, il fotogiornalistaAlessandro Zentivive questo complesso di dinamiche sociali, etniche e religiose che governa la baraccopoli di Borgo Mezzanone e i suoi abitanti, che sopravvivono facendosi sfruttare o sfruttando. Perché nemmeno il posto nella baracca è gratuito: costa 30 euro al mese. «Bisogna poi pagare 70 euro per l’allaccio abusivo alla rete elettrica della baracca, che è generalmente costruita con legno e lamiere. I cavi, però, sono improvvisati su pali fatiscenti e spesso scoppiano incendi, anche mortali», racconta. «L’acqua adesso, invece, viene portata dalle cisterne comunali. Ma se non puoi riscaldartela da solo, lo devi far fare a qualcun altro. E sono almeno 2 euro per il disturbo». La prima regola da seguire all’interno di una baracca è quella di non lasciare mai oggetti per terra. «Bisogna attaccarli al soffitto. Serve a preservarli dai topi», spiega Zenti. L’altra regola è quella di sfruttare tutto quello che l’ambiente circostante ha da offrire, che siano oggetti abbandonati o animali. «Le pecore che brucano tra i rifiuti, a esempio, vengono macellate nelle rosticcerie del ghetto e cotte su lamiere verniciate messe sopra il tufo che simulano una griglia». Anche il ghetto ha, infatti, una sua economia: ci sono locali di intrattenimento, ristoranti, bar e minimarket e poi luoghi di ritrovo, come una moschea e una chiesa pentecostale, e di socializzazione, bazzicati anche dai caporali in cerca di nuove braccia. Che non mancano. «Alle prime luci dell’alba, minivan traballanti percorrono le strade fangose del ghetto per andare a prendere i migranti, sotto gli occhi di tutti. Non c’è nessun segreto», dice Zenti. Eppure, tra gli abitanti,ci sono laureati e diplomati. «Tanti sono laureati, chi in meccanica, chi in fisica o biologia. Però non trovano lavoro. Sono discriminati perché neri. C’è chi a casa racconta che sta bene, che fa lo scienziato, anche se nella realtà non ha nemmeno un paio di scarpe e si autopuniscono con alcol e droghe. Magari si fanno le foto nel centro abitato, davanti ai portoni delle case degli italiani, per far credere alla famiglia che ha realizzato il suo sogno di una vita migliore». Ma intanto, per sopravvivere ai ritmi dei caporali prendono iltramadolo, un farmaco di origine sintetica appartenente alla classe degli antidolorifici oppioidi, che raggiunge la baraccopoli grazie ai dei corrieri e ha un prezzo che va dai 2,50 a 3,50 euro a pastiglia. Zenti racconta che viene conservato in tasca, chiuso in pezzetti di carta, pronto per essere sniffato al bisogno. Un’ordinanza regionale prevede che le attività nei campi siano sospese nelle ore più calde della giornata. Per i braccianti della baraccopoli, però, non vale. «Quando glielo ricordi, si mettono a ridere. Mi raccontano chenon è concesso fermarsi», dice. Eppure, se non rispettano l’ordinanza, le aziende agricole rischiano sanzioni fino a 500 euro. «Ma in effetti, se blocchi i caporali e il caporalato, cosa arriva poi sulle tavole degli italiani?». Altri migranti, per sopravvivere, si improvvisano tassisti dentro il ghetto. E poic’è chi vive di illegalità.«Alcuni vendono sostanze stupefacenti e farmaci, che provengono per la maggior parte da Napoli o dall’Albania». Dopo la pandemia, anche il ghetto di Borgo Mezzanone è cambiato. Se prima gli abitanti cercavano di darsi una mano a vicenda, adesso sono costretti a portarsi dentro la bombola del gas con cui cucinano per evitare che qualcun altro gliela rubi. «Con la crisi c’è stato unpicco di criminalità e di furti,è una guerra tra poveri – spiega Zenti – Di solito sono gli stessi abitanti che mi scortano fuori dalla baraccopoli per evitarmi problemi». Chi vive nel ghetto ha un’età tra i 20 e i 45 anni. Molti di loro sono stati detenuti in Libia. Altri sono persone appartenenti allacomunità Lgbtq+, costrette a lasciare il loro Paese perché perseguitati. «C’è chi porta ancora i segni dei pestaggi con il machete e le asce – racconta – Hanno paura a fare coming out anche adesso che sono in Italia. Una ragazza, prima di confessarmi che fosse lesbica, ha voluto che uscissero tutte le persone che erano dentro la sua baracca». Per tutti i suoi abitanti, Borgo Mezzanone è lafine del “sogno italiano”. «La maggior parte mi confessa che se avesse i soldi se ne tornerebbe subito a casa – spiega Zenti – C’è chi ha figli che non vede da dieci anni e non una videochiamata ogni tanto non può bastare per sentirsi meno soli». Ma Borgo Mezzanone è anche, con alterne fortune, un manifesto politico da usare all’occorrenza. «C’è chi promette le ruspe, ma se non viene data la possibilità di avere una casa, la gente continuerà a stare nei ghetti». Altrimenti, la baraccopoli pugliese resterà un non luogo in grado di autogenerarsi e autoalimentarsi.
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