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Per le industrie fossili il futuro non è roseo

 

Più sono rigorose lepolitiche didecarbonizzazionepiù cresce il volumedei combustibili fossili non sfruttatie di conseguenza la potenziale perdita di valore patrimoniale per chi possiede in questo settore ma anche per chi intende investire. Una recente analisi delMit,Massachusetts Institute of Technology, racconta come in questo momento storico ditransizione energeticaed ecologica gliasset bloccati del fossilepotrebbero portare a costi sempre più elevati per produttori e investitori. Si parte da un assunto: come spiega uno studio del 2021 pubblicato suNatureda un team internazionale di ricercatori per evitare i peggiori impatti deicambiamenti climaticile grandi riserve mondiali di combustibili fossili, a partire dacarbonee petrolio,devono rimanere non sfruttate. Circa il 90% delcarbonee quasi il 60% delpetrolio e del gas naturalenon dovrebbero proprio più essere estratti se vogliamo avere una probabilità del 50% che il riscaldamento globale non superi la famosa soglia dei +1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Per poter centrare questo obiettivo in tutto il mondo si stanno intraprendendo azioni che sposano, almeno a parole, la transizione energetica: se si accelerasse su questa strada, sempre rispettando gli accordi di Parigi, le società di combustibili fossili e gli investitori si troverebbero davanti sempre più ostacoli finanziari, con rischi in aumento per esempio legati ad attività bloccate. In un nuovo studio pubblicato suClimate Change Economicsi ricercatori delMit Joint Program on the Science and Policy of Global Changeprovano dunque a stimare l’attuale valore patrimoniale globale dei combustibili fossili non sfruttati fino al 2050. Una analisi che attraversa diversi scenari di politica climatica, da quello meno ambizioso (chiamatoParis Forever) dove si prevede la riduzione delle emissioni di gas serracome stipulato a Parigi nel 2015, sino a uno scenario più stringente (Net Zero 2050) composto dalle attuali proposte e azioni dichiarate dalla politica internazionale volti a raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette globalientro il 2050. In base a modelli economici e programmi elaborati dal Mit che tengono conto dell’attuale settore energetico e delle risorse dell’industria energetica nel tempo, lo studio rileva che il valore attuale netto globale della produzione di combustibili fossili non sfruttati fino al 2050 varia da 21,5 trilioni di dollari (Paris Forever) a 30,6 (Net Zero 2050). Cifre che secondoHenry Chen, ricercatore e autore dello studio, indicano che «più rigorosa è la politica climatica, maggiore è il volume dei combustibili fossili non sfruttati, e quindi maggiore è la potenziale perdita di valore patrimoniale per chi investe nei combustibili fossili». Gli stessi esperti del Mit,all’interno del loro studio, hanno analizzato poi nel dettaglio tuttii rischi degli investimenti nel fossilee invitano imprese e istituzioni finanziare a combinare i loro dati, con quelli dei portafogli di investimento, proprio per comprendere (e magari non investire) le potenziali perdite che si incontreranno nella transizione energetica e climatica del futuro.

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