Nel 2020 si sono registrati circa 6,5 milioni di ricoveri, il 22% in meno rispetto alla media del triennio precedente. È quanto emerge dalrapportosull’impatto della pandemia da SARS-CoV-2 sul sistema ospedaliero italianorealizzato dall’Istat insieme conAgenas(Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali). La diminuzione dei ricoveri dovuta in primo luogo aldifferimento delle ospedalizzazioni non urgenti, spiega la ricerca, è stata più consistente per ilday hospital (-29,4%), in particolare nel Sud (-39,8%) dove sono diminuiti di più anche iricoveri ordinari (-24,5%) rispetto alla media nazionale (-20,1%). «Il differimento delle cure e dei ricoveri non urgenti, particolarmente accentuati al Sud e nel Nord-ovest, ha lasciatoun’eredità difficile, che il sistema sanitario deve ora affrontare mentre le varianti del virus continuano a diffondersi», commenta il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. Nel Nord-est e al Centro il decremento è stato significativo ma più contenuto per entrambi i regimi di ricovero. La pandemia ha comportato una diminuzione anche dei ricoveri ordinari urgenti (-15,3%), in particolare al Sud (-22,4%) e nelle Isole (-19,5%). Ledimissioni ospedalierein regime ordinario connesse al Covid-19 sono state 286.530, pari al 5,5% del totale, con un intervallo che varia da 2,4% nelle Isole a 9,2% del Nord-ovest. «Una variabilità territoriale che rispecchia in larga misura la diversa diffusione del virus – afferma lo studio – ma non sono da escludere problemi legati a una non semprecorretta registrazione dei casinelle schede di dimissione ospedaliera». La quota maggiore di ricoveri da Covid-19 in terapia intensiva si è registrata nelMezzogiornocol 16,2% al Sud e il 16,5% nelle Isole, per scendere al 13,3% nel Centro Italia. La ricerca nota come «in queste aree geografiche è anche più elevato il divario rispetto al ricorso alla terapia intensiva per i pazienti non-Covid-19». Il rapporto segnala inoltre come il 21,5% dei pazienti perCovid-19è stato ricoverato più di una volta nel corso del 2020, quota che ha interessato per il 23,1 i pazienti sopra i 65 anni. Nel 43% dei casi il motivo delleriospedalizzazioniè stato di nuovo il Covid-19, ma sono stati frequenti anche ricoveri successivi per malattie respiratorie (17%). «Con 16 milioni di contagi e oltre 160mila decessi associati alla diagnosi di infezione da SARS-Cov-2 registrati tra marzo 2020 e aprile 2022, l’Italiaè stata, insieme alla Spagna,fra i paesi europei più colpitidalla pandemia, soprattutto nella prima fase», ha aggiunto Blangiardo. Nel nostro Paese la pandemia ha causato in totaleoltre170 mila morti. Nell’ultima settimana (16-22 luglio) i decessi sono stati 947, con una crescita del 23,6% rispetto alla settimana precedente. Ma i nuovi casi sono diminuiti del 18,6% e il tasso di positività è sceso del 10,4%. Secondo il virologoFabrizio Pregliasco, docente di Igiene all’Università Statale di Milano, l’Italiapotrebbeessere vicina a raggiungere ilpicco, ma per avere dati certi bisognerà aspettare le prossime settimane.
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