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Perché una giornata nazionale per le vittime del clima

 

Istituire ogni 3 luglio una Giornata Nazionale per il ricordo delle vittime causate daicambiamenti climatici. Questa la proposta lanciata dalla consigliera regionale veneta,Elena Ostanela seguito dellatragedia sulla Marmolada, legata all’accelerazione dello fusione del ghiacciaio. Un annuncio importante che considera una nuova classe del rischio legata ai cambiamenti climatici: un danno per la vita umana. A riguardo l’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede infatti che, tra il 2030 e il 2050, il cambiamento climatico provocherà circa 250.000 morti addizionali permalnutrizione, malaria, diarrea,stress da caldo. Un numero a cui bisogna aggiungere anche le morti dameteo estremi, alluvioni,valanghe o frane,come accaduto in Marmolada. Una commemorazione importante per far capire come l’impatto del climate change non è una questione “da ambientalisti”, ma di scurezza dei cittadini italiani, che ha conseguenze sulla salute, sulle vite, sull’economia. Coloro che attaccano negando il ruolo del cambiamento climatico nella catastrofe della Marmolada, o minimizzano il ruolo umano nelle temperature record globali, ignorano la potenziale pericolosità di questi fenomeni. Va precisato che per alcuni eventi non è sempre facile comprovare una correlazione causale (i tifoni sono sempre esistiti, cosi levalanghe). Tuttavia, è nell’aumento del numero di vittime (l’addizionalità) che emerge la significanza statistica. Se muore più gente non è perché c’è più sfortuna (chi ripete a pappagallo “è sempre successo”) ma perché le occorrenze stanno aumentandoal crescere dellaconcentrazione diCO2e di temperature medie globali. Questa non è soloipotesi, ma una fattualità che si sta già verificando.Non va vista nel singolo evento ma nei numeri complessivi. Fa quindibeneElena Ostanel a chiedere di «mettere in campo adeguate risorse economiche adeguate per non lasciare su carta l’approvazione della dichiarazione di emergenza climatica approvata recentemente, anche sostenendo campagne di formazione e informazione in collaborazione con i soggetti che da anni si mobilitano sull’emergenza climatica, e adottando misure urgenti per mettere fine all’emergenza e alle conseguenti vittime umane e naturali a cui stiamo assistendo». Serve oggi unpiano di adattamento ai cambiamenti climatici, negato sino a oggi dal Ministro della Transizione Ecologica,Roberto Cingolani, che spinga le regioni nell’adottare strategie e azioni locali concrete per contenere il rischio climatico. Serve per salvare vite umane e il nostro patrimonio, rendendoci più sicuri e resilienti e salvaguardando le generazioni future. Nessuno è obbligato a credere nel cambiamento climatico, ed è altrettanto lecito disdegnareil passaggio verso ladecarbonizzazione dell’economia(anche giustamente sottolineandone i rischi sociali). Tuttavia, in questi giorni sono rispuntati velenosi i negazionisti sui social. Canuti, maschi e incazzati hanno mostrato tutto il livore contro lascienza del clima. Grazie al cielo in democrazia hanno il diritto di esprimere con gentilezza anche le vostre idee desuete. A livello statisticononsi può non credere nel conto delle morti che sempre di più devieranno – così come è stato con il Covid – dai numeri standard. Altro che sciacalli del clima: gli unici saprofagi sono coloro che, come chi ha negato la mortalità delvirus Sars-CoV2,rifiuta dicredere ai dati raccolti da decine di migliaia di scienziati, dalla Cina all’Italia, dagli Usa alla Francia sul clima. Chi per postura nega tutto ciò citando i solti tre esperti (Franco Battaglia, Franco Prodi e l’ultranovantenne Antonino Zichichi) evidentemente non ha padronanza dei numeri o del metodo scientifico. Purtroppo, di fronte all’inevitabilità dei dati dei morti potrebbero doversi ricredere. E ogni 3lugliodovranno levarsi il cappello a onorare le vittime della nostra tracotanza.

Redazione

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