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La desalinizzazione può salvarci dalla siccità?

 

Il caldo, letemperature elevatee la prolungatasiccitàcontinuano a tenere sotto scacco la Penisola e proprio in questi giorni l’entrata in vigore diuna nuova leggescalda gli animi, tanto per rimanere in tema, nel dibattito sulla desalinizzazione dell’acqua. Ieri, il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio ha fatto sapere che il governo intende dichiarare lostato d’emergenzaa causa della siccità. «Non si può escludere nemmeno ilrazionamentodiurno dell’acqua. I criteri e le misure li stiamo definendo con le regioni – ha spiegato in un’intervista a SkyTg24 – Siamo al40-50% di quantità d’acqua piovuta in menorispetto alle medie degli ultimi anni, mentreil Po ha circa l’80% in meno della sua portata». In un contesto del genere, l’installazione di impianti di desalinizzazionepotrebbe essere unasoluzione, se non immediata, per far fronte all’attualeemergenza idrica, almeno a lungo termine: consentirebbe, infatti, di correre ai ripari per gli anni torridi che ci attendono ed evitare ladesertificazione dei campi agricolie il progressivoinaridimento di corsi e bacini d’acqua. Di tutt’altro avviso pare essere la cosiddettaLegge SalvaMare(legge n.60 del 17 maggio 2022) che vincola la costruzione deidissalatoria una serie di condizioni e a uniter autorizzativopiuttostolungo e articolato, che potrebbe durare anche più di 5 anni: ad appesantire ulteriormente la pratica vi è il fatto che le autorizzazioni non possono essere demandate, come si è fatto sino a ora, alle regioni, ma a imbuto verranno tutte sottoposte alla commissione ministeriale competente. Il testo normativo rende la dissalazione ammissibile solo dopo unavalutazione di impatto ambientale, in situazioni di comprovatacarenza idrica e in mancanza di fonti potabili alternative. Non solo, è necessario che siano stati svolti gli opportuni interventi per ridurre le perdite della rete degli acquedotti e gli impianti devono essere previsti nei piani di settore in materia d’acqua. «Anziché discutere diquante docce facciamoal giorno, per combattere la scarsità d’acqua l’Italia deve eliminare gli insensati ostacoli alla costruzione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina», è insortoPiercamillo Falasca, coordinatore nazionale del nuovo movimento politico L’Italia C’è. «Nel mondo, la desalinizzazione dell’acqua per fornire acqua dolce ad agricoltura, industria e usi civili procede a passi da gigante, peraltro con una costante riduzione dell’energia necessaria per produrla. Main Italia la desalinizzazione di acqua marina copre solo lo 0,1% del nostro fabbisognoe ora abbiamo reso pressoché impossibile la realizzazione di nuovi impianti, con una legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale pochi giorni fa». Secondo le Nazioni Unite, in tutto il globo vi sono intere comunità che non dispongono di un accesso costante e sicuro all’acqua: infatti, a dispetto della vasta presenza di bacini idrici sul pianeta,solo il 2,5% del totale di acqua sulla Terra è potabile. In un articolo della rivistaScience Advancessi legge che entro il 2050 le persone che vivranno in aree nelle quali si dovrà affrontare la scarsità o il contingentamento dell’acqua per almeno un mese all’anno potrebbe salirefino al 57%. Gli impianti che rimuovono il sale dall’acqua del mare potrebbero contribuire ad assicurare l’acqua dolce necessaria per il fabbisogno della popolazione mondiale. Si tratta di vasche in cui confluiscono enormi volumi d’acqua, convogliati e pompati tramite membrane ad alta pressione chefiltrano le componenti salinee lasciano passare solo le molecole d’acqua. Per quanto riguarda i costi, si parla di circa 15 milioni per la costruzione e 500.000 euro all’anno per la manutenzione: una struttura del genere è in grado di produrre circa 2,5 milioni di metri cubi di acqua potabile all’anno. In tutto il mondo si contano circa20.000 impianti di desalinizzazione. Trai maggiori consumatori di acqua desalinizzatavi sono iPaesi del Medio Oriente,Israeleche possiede uno dei più grandi impianti a Sorek, in grado di produrre 627.000 metri cubi di acqua dissalata al giorno. Ma anche leBahamas, leMaldiveeMalta, che soddisfano interamente il proprio fabbisogno idrico con questo processo. Risale a pochi giorni fa, inoltre, l’accordo della compagnia Enowa Energy, Water and Hydrogen dell’Arabia Saudita – che a oggi ricava circa il 50% dell’acqua potabile tramite la desalinizzazione – con la società giapponese Itochu e la francese Veolia per costruire il primo impianto di dissalazione basato su energia rinnovabile nellacornice futuristica di Neom, lasmart cityche l’Arabia intende costruire tra le dune del deserto. Lo ha riferito l’agenzia di stampa saudita “Spa”, spiegando chela società “Enowa”comincerà a lavorare entro il 2024 per creare le condizioni ideali per un approvvigionamento idrico sostenibile e abbondante per la città, grazie all’utilizzo di tecnologie di ultima generazione. Il nuovo impianto avrà unacapacità produttiva di 500.000 metri cubi di acqua dissalataal giorno e sarà in grado di soddisfare circail 30% della domanda totale d’acqua nella città. Ovviamente, si tratta di un processo non privo di complicazioni: la desalinizzazione, infatti, presenta principalmente due ordini di problemi. Da una parte, la maggioranza degli impianti esistenti si avvale dicombustibili fossili, che contribuiscono al riscaldamento globale, dall’altra ilfiltraggiofinisce per produrre lasalamoia tossica, inquinante per gliecosistemi costieri e marini. Per ogni litro di acqua dolce prodotta, si generano in media1,5 litri di liquido denso di cloro e rame. Si tratta diacque reflue, due volte più saline di quella salmastra, cheper l’80% defluiscono nei mari, nei fiumi, nei laghi e nelle zone più umide e che rischiano di creare vere e proprie“zone morte”, dove riescono a vivere pochissime specie. Il primo problema può essere superato optando per una conversione delle infrastrutture afonti di energia rinnovabile, che ridurrebbero drasticamente le emissioni. Il secondo, invece, è un po’ più complesso. «Sono in fase di sviluppo nuove tecnologie per affrontare questi problemi, ma nel frattempo è importante aumentare la consapevolezza sui compromessi con la desalinizzazione», afferma Birguy Lamizana, esperta diacque refluepresso il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Secondo alcunistudi, una possibile soluzione potrebbe essere quella di raccogliere la salamoia per ricavarne ilsale commercialeo recuperaremetalli rari e costosida estrarre dal suolo. Ma, è un ambito di ricerca ancora inesplorato.

Redazione

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