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Suonare la batteria fa bene aə bambinə con l’autismo

 

Le percussioni, gli strumenti a fiato, quelli a corda e perfino gli idiofoni, che producono il suono dalla loro vibrazione: sono gli strumenti usati dallamusicoterapiaper intervenire a livello educativo, ma soprattutto terapeutico, in una serie di condizioni patologiche. Ne erano probabilmente a conoscenza gli studiosi delle università di Chichester, del King’s College di Londra, di Hartpury e dell’Essex, nel Regno Unito, quando hanno indagatogli effetti della batteriasuə bambinə con autismo. Un video pubblicatomesi fa dagli studiosi di Chichester, parte delClem Burke Drumming Project, che da oltre un decennio indaga la scienza che sta dietro alle bacchette, cercava di rispondere alla domanda: “La batteria può migliorare le funzioni cerebrali nell’autismo?”. Il collettivo, che prende il nome del co-fondatore e celebre musicista dellaband britannicaBlondie, Clem Burke, nel corso degli anni ha studiato il livello di attività fisica sostenuto durante una sessione di batteria e l’impatto positivo che la batteria hasull’autismo. Ora, l’indagine è stata condotta suun gruppo molto ristretto, che ha coinvolto circa36 partecipantitra i 16 e i 20 anni di età, ma i risultati dimostrano che potrebbe essere una pratica benefica per moltə. È stato scopertochesuonare per 90 minuti a settimanaaiuta bambini e bambine con l’autismo a superare l’iperattività e le difficoltà legate al deficit dell’attenzione: l’apprendimento di schemi musicali, infatti, sintonizza la connettività cerebrale nelle regioni responsabili del controllo inibitorio, del monitoraggio dei risultati dell’azione e dell’autoregolazione. Come spiega lo studio, “il disturbo dello spettro autistico è un disturbo dello sviluppo neurologico permanente caratterizzato da deficit nella comunicazione sociale e nelle interazioni sociali, nonché una gamma di interessi, attività e comportamenti limitati e ripetitivi”. L’incidenza dei casi di disturbo dello spettro autisticoè aumentata negli ultimi decenni: gli ultimi dati in Italia,aggiornati a gennaio 2022, parlano di1 bambinəsu 77, con una prevalenza maggiore tra i maschi. Negli Stati Uniti, tra ə bambinə di 8 anni, se ne stima circa 1 su 54; 1 su 160 in Danimarca e in Svezia, mentre in Gran Bretagna 1 su 86. Lo studio è statopubblicato a fine maggiosulla celebrerivista scientifica statunitensePnas, organo ufficiale dellaUnited States National Academy of Sciences. Indagini precedenti avevano già dimostrato il ruolo positivo della batteria nel migliorare i risultati comportamentali perbambinə e adolescenticon difficoltà emotive e comportamentali. Ma, a oggi, nessuna delle ricerche aveva esplorato come questi cambiamenti comportamentali si traducesseroa livello neurale. Per indagare i benefici della batteria, 36 adolescenti reclutatə (“nessuno soddisfaceva i criteri per una disabilità di apprendimento”, specifica lo studio), sono statə divisə in modo casuale indue gruppi, “senza alcuna differenza significativa per quanto riguarda età, sesso, livelli di gravità dei sintomi di autismo, ansia di tratto, difficoltà sensoriali e QI”: il primo, composto da 19 membri, ha ricevutolezioni individuali di batteria(due a settimana, di 45 minuti l’una, per un periodo di 8 settimane), il secondo no. Tuttə ə partecipanti sono statə sottopostə auna sessione di testprima e dopo il periodo preso in esame: ognuna includeva una valutazione della batteria, una risonanza magnetica eun genitoreche compilava questionari relativi alle difficoltà comportamentali dei partecipanti. Per quanto riguarda le prestazioni musicali, i miglioramenti erano associati a unasignificativa riduzione dell’iperattività e delle difficoltà di disattenzioneper chi suonava rispetto all’altro gruppo. I risultati della risonanza hanno mostrato una maggiore connettività funzionale nelle aree cerebrali responsabili del controllo inibitorio, del monitoraggio dei risultati dell’azione e dell’autoregolazione. Gli scienziatiutilizzeranno le nuove scoperte per modellare studi futuri in aree legate a difficoltà emotive e comportamentali, deficit di attenzione, ictus e demenza.Marcus Smith, professore di scienze motorie e sportive applicate a Chichester e coautore dello studio, ha spiegato allarivista Neuroscience:«Stiamo condividendo i nostri risultati con i responsabili dello sviluppo fisico e mentale delle persone vulnerabili nelle scuole speciali e tradizionali del Regno Unito».

Redazione

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