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A Milano le mamme under 14 sono sempre di più

 

AMilanolegravidanze precocisono in aumento: la fascia d’età interessata è perlopiù quella tra i14e i15 anni. Un problema che nell’ultimo decennio si è ridotto del 20% in Italia, ma che l’onda d’urto della pandemia rischia di aggravare. Il fenomeno delle mamme bambine è di per sé piuttosto circoscritto nel nostro Paese. Nel 2019, infatti, in Lombardia hanno partorito 110 ragazze dai 14 ai 17 anni, contro le 317 che hannointerrotto la gravidanza. Secondo lo studio condotto sul finire del 2021 dal Laboratorio per la Salute Materna e Infantile del Dipartimento di Salute Pubblica dell’Istituto Mario Negri di Milano,ogni anno per ogni scuola superiorealmeno una studentessa rimane incinta:una ragazza ogni 400coetaneə. «Nel caso delle mamme minorenni il rischio didisagi nello studio, sul lavoro, nelle relazioni familiari è maggiore che non nelle donne adulte», ha raccontato Maurizio Bonati, responsabile del Dipartimento di Salute Pubblica aOsservatorio Diritti. «Il livello di autostima è spesso basso, fenomeni di depressione sono frequenti, così come idisturbi alimentario l’abuso di sostanze, più spesso nelle giovanimadriche vivono in condizioni di deprivazione sociale ed economica». Problematiche che ovviamente si riversano suə bambinə sin dai primi mesi di vita, con il conseguente aumento del rischio di abuso, trascuratezza edisturbi cognitivi. Il progetto dineuropsichiatria infantile SAGA(Servizio di Accompagnamento alla Genitorialità in Adolescenza) dell’Asst Santi Paolo e Carlo è nato nel 2007 in collaborazione con l’Università Bicocca di Milano: un team di 5 psicoterapeute che da allora assistegiovani madriedonne in gravidanzatra gli 11 e i 21 anni d’età. Il numero di future e neo mamme coinvolte nel progetto è aumentano nel corso del tempo. «Durante il primo anno, abbiamo dato assistenza e aiuto a 25 ragazze. L’anno scorso a circa 70. Dall’inizio di quest’anno, invece, abbiamo già aperto 43 cartelle», racconta aLa Svoltaladottoressa Margherita Moioliche lavora presso l’ospedale San Carlo. Il lavoro è tanto, ma la rete di collaborazioni esterne fornisce un aiuto essenziale:Terre des Hommescon i pacchi spesa, laCaritas ambrosianacon i prodotti di seconda mano, passeggini, vestiti, fasciatoi e laCooperativa sociale Zero 5con le quote degli asili nido. Il servizio, infatti, si propone di affiancare lemammee lefuture mamme(ed eventualmente i loro partner) durante tutta lagravidanzae nelle prime fasi dellacrescita delləbimbə, fino anche al secondo anno di vita. L’obiettivo è quello di prevenire i cosiddetti disturbi di interazione genitoriale nei confronti dellə piccolə. L’adolescenza, come anche le tossicodipendenze o l’abuso di alcol, è considerata un indicatore importante per classificare gravidanze ad alto rischio. Sono ragazze che cercano aiuto tramite il web e i social, si mettono in contatto con la struttura e sperano di trovare un supporto concreto. Sicuramente investire nellaprevenzionee nell’informazione nelle scuoleè importante, ma servono anche servizi che affrontino il problema “a valle” e forniscano un supporto a chi decide di portare avanti la gravidanza. «Molte scoprono di essere incinte troppo tardi, anche alla ventesima settimana. Altre vedono nella gravidanza una possibilità di riscatto, un modo per dare inizio a una nuova vita. Ma, lo scontro con la realtà e le sue difficoltà quotidiane rischia di creare danni psicologici permanenti a lei e ai bambini». Nella prima fase, quella che precede il parto, ci si concentra esclusivamente sulla ragazza e sul rapporto con se stessa, con incontri individuali, dedicati ai colloqui con specialistə o al rilassamento corporeo. In tanti casi, inoltre, bisogna spiegare loro i rischi derivanti dal consumo di fumo, alcol e droghe durante i 9 mesi. In particolare, il presidio del SAGA ha registrato un certo incremento nel numero diunder 14incintedopo il primo lockdown. L’ipotesi è che molte di loro abbiano deciso di passare l’isolamento a casa dei fidanzati, con un conseguente aumento delle possibilità di rimanere incinte. Altre, invece, in quei mesi hanno subìtoviolenze tra le mura domestiche. In genere, provengono da contesti caratterizzati dadegrado,in cui hanno sperimentatotrascuratezzao, nei casi peggiori, veri e propriabusi: schemi comportamentali che saranno propense a riproporre nel rapporto con ə figliə. Nellafase post parto,la neomamma ed eventualmente il neopapà vengono aiutati a “sintonizzarsi” con lə piccolə e le sue esigenze. Si parte ovviamente dalle basi: la messa in sicurezza degli ambienti, la pulizia e l’alimentazione. Una delle tecniche utilizzate per rendere le ragazze consapevoli della propria maternità è quella delvideofeedback, già ampiamente sperimentata in Nord Europa e che consiste nel filmare e rivedere con il supporto di unə professionista le proprie azioni e il proprio modo di interagire con ə figliə. «Le ragazze sono abituate a filmarsi e a rivedersi, quindi lo trovano coinvolgente». Si tratta di filmati della durata di 5 minuti, che le riprendono nei momenti di gioco con ə piccolə. «Genitori così giovani rischiano di mettere in attocomportamenti scorrettinelle prime interazioni con il bambino. Potersi osservare dall’esterno e avviare una riflessione assieme a uno psicoterapeuta, aiuta a individuare le maggiori criticità e a correggersi. Molti assumonoatteggiamenti eccessivamente intrusivi, altri al contrario sfociano in forme dineglect, di incuranza: nel primo caso, interferiranno spesso prendendo i giocattoli o toccando continuamente il bambino, nel secondo loignoreranno, per esempio distraendosi col telefono, senza rispondere alle sue richieste d’attenzione». C’è poi il problema della dispersione scolastica. Troppo spesso, infatti, queste ragazze sonocostrette a lasciare la scuolae raramente hanno l’opportunità di riprendere gli studi dopo la nascita dellə bambinə. L’ambulatorio multidisciplinare ha avviato assieme allacooperativa Zero5,che da anni si occupa di adolescenti, un programma a hoc, il primo nel suo genere in Italia e punto di raccordo tra i poli ospedalieri e il terzo settore. «Per molte di loro due anni di percorso non bastano. A conclusione del progetto, si rischia di lasciarle a loro stesse», ci ha spiegato Francesca Sozzi, coordinatrice del progettoIn-Bloom(rifiorire), partito sul finire del 2021 in collaborazione con SAGA: un’iniziativa che offre sostegno alle ragazze nel trovare la propriaautonomia e indipendenza economica. Il percorso si suddivide in 50 ore da dedicare alla formazione o al lavoro. La fascia d’età 14-21 è piuttosto ampia e quindi l’approccio varia molto in base alle esigenze della giovane mamma: la cooperativa la supporta nel reinserimento in classe per finire lascuola dell’obbligoe ottenere ildiploma, ma anche nel cercare un’occupazione stabile, nell’esercitarsi per i colloqui di lavoro e costruire il CV. «Sono i primi mesi di attività e dovremo verificare gli effetti a lungo termine. Per ora seguiamo una ventina di ragazze e i risultati sembrano incoraggianti. All’inizio bisogna scalfire la loro diffidenza: in fin dei conti siamo degli estranei che irrompono in dinamiche familiari e private già cristallizzate da tempo. Scardinarle non è semplice, ma dopo il primo impatto, cominciano a fidarsi».

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