Con le leggen. 162/2021, è stata prevista lacertificazione per la parità di generea partire dal 1 gennaio del 2022. Lo scorso 24 marzo è stata proprio la ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti, insieme al Presidente UNI Giuseppe Rossi, a presentare la prassi di riferimento per la certificazione di genere UNI/PdR 125:2022, definendone criteri e aspetti tecnici. La legge è peraltrorafforzata dalla Legge di Bilancio 2022, che ha istituito un Fondo per le attività di formazione propedeutiche all’ottenimento della certificazione della parità di genere, a cui è stato destinato un ammontare di 3 milioni di Euro per l’anno in corso. Certificazione di genere e Pnrr La certificazione per lagender equalityè stata inserita anche all’interno della Missione 5 (Inclusione e Coesione) delPnrr. Prevista all’interno delle politiche per il lavoro, a questa finalità sono stati destinati dal Piano 10 milioni di Euro. Si tratta di una misura che va nella direzione difavorire l’occupazione femminile, che nel nostro Paese rimane tra le più basse dell’Unione Europea. Ricordiamolo: nel 2021, il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni è il 63,4% nella media UE e il49,4% in Italia, con un divario di 14 punti percentuali. L’obiettivo dichiarato di questa iniziativa risiede in unincremento del 4%dell’occupazione femminile da raggiungersi entro il 2026. Un ulteriore obiettivo è stato identificato nella riduzione del divario retributivo di genere, ogender pay gap. Nel nostro Paese, la retribuzione oraria lorda è caratterizzata da un gender gap pari al 4,7% ed è un dato molto positivo, poiché si tratta di uno dei valori più bassi in Europa. Tuttavia, se analizziamo i dati sul salario annuale medio percepito, ildivario tra uomini e donne arriva al 43,7%(mentre la media europea è al 39,6%). Come indicano le Linee Guida, è necessario un “percorso sistemico di cambiamento culturale”verso la parità che non può che partire da un set coordinato di misure di politica economica e fiscale rivolte ad agevolare l’ingresso delle donne sul mercato del lavoro,ma anche la loropermanenza e progressionedi carriera. A chi è rivolta, come funzionerà Al momento,la certificazione di genere non è obbligatoria.Tuttavia, le aziende che potranno dimostrare di aver portato a compimento il processo di certificazione potrannobeneficiare di incentivi fiscalilegati all’esonero al versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (nel limite massimo di 50.000 Euro ogni anno). Tra le previsioni di cui si è dotato il PNRR troviamo poi un dato incoraggiante: entro il 2026, saranno circa 800 le piccole e medie imprese che otterranno la certificazione (ci sono già diversi soggetti, come l’ente certificatore RINA, che hanno uno standard di processo ultimato e che stanno iniziando a utilizzarlo con le aziende). A tutto ciò si aggiunga che è stataprevista una premialitànella valutazione dei bandi pubblici, come già sperimentato negli appalti del Pnrr: nel dl 36 del 30 aprile 2022, all’articolo 34, il Governo ha già provveduto a modificare il codice degli appalti (negli articoli 93 e 95), introducendo proprio questo criterio di premialità. Accanto a queste misure, è stato istituito (per le aziende con più di 50 dipendenti) l’obbligo di redigere unrapporto sulla distribuzione per generedelle posizioni ricoperte e delle assunzioni effettuate. Il rapporto, che deve essere elaborato ogni due anni, dovrà poi essere trasmesso direttamente alle rappresentanze sindacali entro la fine dell’anno solare di pubblicazione. Le aziende dovranno rispettare l’obbligo, se non vorranno incorrere in sanzioni e verifiche a opera dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Tutto è sempre, ovviamente, perfettibile.Ma un set di iniziative di questo tipo, nel nostro Paese, non si era mai visto. e ora è il momento che leaziendefacciano la loro parte.
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