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E se nutrissimo noi i coralli?

 

Nei mari ci sono dei “bebè” che garantiscono la vita a migliaia di altre creature. Quasi il 25% dellabiodiversitàmarinaè infatti legata alla presenza deicoralli: sono questi minuscoli animali a permettere buona parte della funzione degliecosistemi, così come – grazie al pesce che popola le barriere coralline – sono direttamente responsabili dell’economia su cui si basa l’esistenza di milioni di persone. Eppure, come sappiamo, i coralli non se la passano bene. Le barriere coralline di diverse aree del Pianeta sono in sofferenza a causa delsurriscaldamentoe delle attività dell’uomo: i coralli resistono soprattutto in profondità, ma sono costantemente minacciati. Senza di loro, buona parte della vita deglioceaninon esisterebbe ed è per questo che – fra le tante soluzioni che ibiologi marinistanno studiando – c’è anche quella di nutrirli, di “allattarli”, fornirgli fin da piccoli i nutrienti necessari. L’idea base è quella di dar lorointegratori probioticicapaci di garantire la crescita e lo sviluppo, affinché per le generazioni future nel mondo esistano ancora queste straordinarie creature. Quando nascono, le minuscole larve si spostano alla deriva nell’oceano: poi con un po’ di fortuna affondano e si fissano su qualche barriera corallina e i minuscoli animali per crescere collaborano conalghe marine(le zooxantelle), coloro che di fatto nutrono i coralli aiutandoli a produrre ilcarbonato di calcio,che formerà barriere nel corso dei secoli. La simbiosi tra coralli e alghe è ben nota: sono le stesse zooxantelle, quando muoiono a causa delle acque surriscaldate e altri fattori, a contribuire al famoso “sbiancamento”, dato che smettono di fatto di supportare i coralli. Tutto questo meccanismo è talmente delicato e fragile a causa di fattori di stress vari, dall’acidificazione delle acquesino alle temperature elevate o alla presenza di attività umane, che in certe zone come laGrande Barriera Corallina australianagli esperti stanno provando a capire se è possibile “nutrire” e “allevare” i coralli in maniera differente, in grandi vasche, in modo da assicurare un futuro alla barriera corallina. L’ecologoLone Højdell’Istituto australiano di scienze marine sta guidando proprio una ricerca sui probiotici dei coralli nel laboratorio “Sea Simulator”: qui, insieme al suo team, ha isolato circa 850 ceppi di batteri di sei specie di coralli della Grande Barriera per comprendere quali specie possano supportare un possibile nutrimento e sviluppo fornito dall’uomo. Cercano dei tratti: per esempioattività antibatterica, produzione di enzimi digestivi e una serie di caratteristiche che potrebbero aiutare i coralli a mantenere il proprio microbioma sano anche dopo essere stati sottoposti a un ciclo probiotico. Le prime prove sono state fatte a fine 2021 e i risultati sembrano incoraggianti. Høj ha spiegato che il prossimo esperimento esaminerà anchegli effetti a lungo termine del probiotico sui corallicresciuti in laboratorio mentre maturano e qual è il potenziale di questo particolare probiotico per migliorare laresilienzadel corallo allostress. In generale si tratta di processi molto complessi ma un giorno – in un contesto in cui va ricordato che finora non esistono sistemi efficaci di crescita dei coralli inacquacoltura- sperano di trovare una chiave concreta che aiuti questi animali a sopravvivere alle sfide che hanno davanti. Sebbene l’idea di “allattare” le larve sia molto interessante, gli stessi esperti ricordano però che l’unica salvezza per le barriere coralline di tutto il Pianeta è quella diinsistere nella mitigazione e nella lotta alla crisi climaticaindotta dall’uomo.

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