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Forza New European Bauhaus!

 

Dal 9 al 12 giugno apre le porte ilprimo Festival del New European Bauhaus. Poco noto ai cittadini italiani, il New European Bauhaus, NEB per chi ama abbreviare, ha lo scopo di creare una dimensione culturale alGreen Deal, ovvero il grande piano ditransizione ecologicadell’Unione Europea. Fortemente voluto dalla presidente della Commissione europea,Ursula von der Leyen, che lo ha definito un “nuovo progetto culturale per l’Europa“, questa rivoluzione culturale fatica a prendere piede. Inizialmente il meccanismo del New European Bauhaus,come teorizzato dal fisico tedesco, Hans Schellnhuber, doveva servire a sostenere un nuovo modo difare architettura e costruire città, sfruttando materiali piùsostenibilie pensando edificiefficienti, per accelerare ladecarbonizzazionedi uno dei settori più critici dal punto di vista delleemissioni. Poi il processo ha preso unrespiro più amplioe diventato un pilastro, grazie anche all’interesse di artisti, classe creativa, designer, intellettuali. Mentre a livello politicoFit For 55, in questi giorni in piena discussione alParlamento Ue, i finanziamenti e programmi per il NEB faticano a decollare, con l’eccezione del Festival del New European Bauhaus che ha fortunatamente voluto decentralizzare l’evento con una miriade diside eventin tutta Europa (ad esempio a Milano, in Triennale, e Genova). Ciò che manca alNEBè un vero processo di appropriazione e trasformazione del mondo culturale del processo intelligentemente voluto da Bruxelles. I movimenti culturali infatti non possono essere disegnati a tavolino, ma sono il risultato di forze, idee, persone radicali, antagoniste, che riassumono lozeitgaiste guardano anche più in là agli orizzonti del mondo capitalista e industriale, anche segreen e circular. Per fare ciò serve apriretavoli di dialogo innovativi, coinvolgendo soprattutto le giovani leve, anche al di fuori dei confini europei. Servono programmi universitari e tavoli in piccoli centri culturali (e non solo nei grandi tempi dell’intelligentsia). Lunedì, a Bruxelles, presso la Sala Altiero Spinelli, sarà presentata una ricerca dal titolo“The Green Deal ambition: Technology, creativity and the arts for environmental sustainability”,a cui ho lavorato con la collega Elisabetta Tola, dove emerge chiaramente la richiesta delmondo culturaleper un approccio di più amplio respiro che vada oltre l’ambiente costruito, target iniziale del NEB, e includadesign, moda, arte, costume, mobilità. Serve, dicono i tantissimi intervistati, una nuova narrativa di cosa significaessere cittadini europei al tempo del Green Deal,immaginando nuovi stili di vita, nuovi modi di abitare, nuove pratiche di partecipazione, sperimentando anche in maniera dirompente, come ricordano nella ricerca gli artisti/hacktivisti Salvatore Iaconesi e Oriana Persico. «Dobbiamo pensare alla differenza trainnovazione incrementaleeinnovazione radicale», dicono Salvatore e Oriana. «Manca una visione speculativa del futuro, mentre [nel NEB] si dà spazio a un approccio soluzionista». Soluzioni tecnologiche come legno comemateriale rinnovabile, ipannelli solari, i processi dieconomia circolare, i neomateriali biobased, la mobilità a due ruote, certo sono elementi importanti, ma non si fa un New European Bauhaus solo con progetti che per quanto intriganti di fatto sono lunghe liste di soluzioni tecniche. Per quello ci sono già i finanziamenti delNextGenerationEU, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, i bandi di ricerca LIFE, DEAR, Horizon. Quello che serve davvero è un sostegno al mondo intellettuale e artistico per capire cosa significacomunità sostenibili, ripensare la mobilità condivisa, passare da consumatori/possessori a “utenti/condivisori” secondo i dettami dell’economia circolare più avanza, includere nel paesaggio europeo nuovi elementi culturali. Che non si limitano al definire lapala eolicaelemento naturale come il campanile nel paesaggio “tradizionale”; come la moda deve siaripensare i materiali, ma anche attrezzare e adattare i cittadini alnuovo clima,a nuove modalità di mobilità. Il New European Bauhaus serve per criticare tipologie di consumo sorpassate, per comprendere comerendere davvero giusta la transizione ecologica, come seppellire vestigia culturali davvero vecchie che continuano a esistere perché in fondo l’élite culturali sono anch’esse vecchie (basta vedere il programma della Triennale di Milano per capire la mancanza di artisti. Serve innanzitutto unpiano di comunicazione a livello nazionaleper far conoscere il processo, inesistente su stampa e social nostrani, men che meno su TV o radio. La Commissione sta pensando ameccanismi di finanziamentoattraverso strutture esistenti come EIT, l’Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia (che ha già lanciatoalcune interessanti challenge sul tema, con finanziamenti fino a 15mila euro). Servono però bandi meno tecnologici e più di riflessione, comesummer schooldecentrate, workshop che mettano insieme giovani artisti,esperti di sostenibilità, policy maker in maniera originale e ricombinatoria,open callper innovazione culturale. Un’importante iniezione di risorse economiche nel mondo culturale dal basso, dallecase editrici indipendentiaicollettivi artistici, dalle scuole di design ali studi emergenti estart-up, potrebbe sostenere un settore duramente colpito dalla crisi del Covid19, e che invece è un settore che dovrebbe crescere e svilupparsi sempre di più. Fornendo strumenti cognitivi, culturali e semiotici per reinterpretare lamodernità greennell’era della crisi climatica e dellabiodiversità. Strumenti educativi e pedagogici per giovani e adulti, importanti tanto quanto le tecnologie della decarbonizzazione.

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