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Se la Danimarca respinge i profughi siriani

 

Da quando a fine di febbraio è iniziata l’invasione russa, il governo dellaDanimarcaha aperto i propri confiniairifugiati ucrainichiedendo alle 98 municipalità danesi di verificare le proprie capacità di accoglienza. Un comportamento decisamente diverso rispetto alle politiche adottate negli ultimi anni, che hanno visto il duro perseguimento delladottrina “zero richiedenti asilo”,soprattutto nei confronti dei rifugiati provenienti dallaSiriao altre località extra-europee. A partire dal 2015, in seguito alla crisi migratoria che ha investito l’Europa, la nazione danese ha progressivamente chiuso i propri confini ai rifugiati adottando qualsiasi politica pur discoraggiare i flussi, compresa l’aberranteleggeche permette disequestrare i beni e i gioielli dei rifugiati per ripagare i servizi di accoglienza. Inoltre la Danimarca è l’unica nazione che ha revocato più volte i permessi di protezione, essendo non vincolata alla Direttiva sulla Protezione Temporanea dell’Unione Europea. Queste politiche hanno compromesso seriamente la vita di migliaia di richiedenti asilo provenienti dalla Siria che si sono trovati, dopo anni di permanenza provvisoria,in balia della burocrazia danese, con il concreto rischio di tornare nel Paese di origine dove la guerra civile è tuttora in corso. Una situazione denunciata dallasezione danese di Amnesty International, dove la responsabile Lisa Blinkenberg haaffermatoche «nel 2015 abbiamo osservato una modifica legislativa dove il permesso di residenza per i rifugiati può essere revocato in base ai cambiamenti nella nazione di provenienza, ma non necessariamente questi cambiamenti devono essere fondamentali. Allora dal 2019 il Servizio per l’immigrazione danese ha deciso che la violenza a Damasco è finita e i siriani possono tornare laggiù ». Decisioni simili non hanno coinvolto solo i siriani, ma ancheirecenti rifugiatiprovenienti dall’Afghanistan,tornato sotto il controllo dei Talebani nell’agosto del 2021. L’ex interprete della NATO e della forze USA, Bashir Ahmad Khalil, si è pentito amaramente di aver fatto domanda in Danimarca, scoprendo che lui, sua moglie e i suoi cinque figli, rischiano seriamente di essere rimandati nel Paese afghano: «Ho pensato che andando in Danimarca ci avrebbero dato la residenza permanente. Quando siamo arrivati qua, due settimane dopo ci hanno detto della legge in vigore e mi sono pentito della decisione, invece di scegliere di andare negli Stati Uniti». Nonostante le continue polemiche eildoppio-standardriservato ai nuovi rifugiati ucraini,il governo danese non sembra intenzionato a fare marcia indietro. Negli ultimi mesi, sulla scia delleiniziative inglesi,la Danimarca ha iniziato una serie di colloqui con il Ruandaper stabilire accordi volti a esternalizzare nel Paese africano le procedure di verifica delle richieste d’asilo, spostando i rifugiati a migliaia di km di distanza dall’Europa. Una mossa criticata severamente dalle ONG a causa dellamancanza del rispetto dei dirittiumani in Ruanda. Indifferente alle critiche emerse, il ministro dell’IntegrazioneMattias Tesfayehadichiaratodi sperare che “che nel prossimo futuro molte nazioni europeesupportino la politica contro i flussi migratori irregolari, tramite accordi con Paesi al di fuori dell’Europa”. Una conferma del perseguimento delle dure politiche su i rifugiati, a qualsiasi costo.

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