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Dalla Cina all’Amazzonia emergono habitat e civiltà sconosciuti

 

C’è vita in fondo al buco. E che vita!Un team di scienziati cinesiha da pocoscopertounaforesta sconosciutanel fondo di una dolina carsica inCina. Nella regione del Guangxi Zhuang, vicino al villaggio di Ping’e nella contea di Leye, indagando alcunefavolose formazioni carsichecomposte da doline e giganteschi pilastri di roccia, che sono in parte patrimonio mondiale dell’UNESCO, è stata individuata da poco un’area verde estremamente affascinante. Alcuni speleologi, geologi e biologi cinesi dell’Institute of Karst Geology of the China Geological Surveysi sono calati all’interno di una dolina profonda circa 190 metriscoprendo una serie di ingressi a caverne presenti in questa grande voragine, ma anchealberi secolari, alcuni alti persinoquaranta metri, con rami e chiome protratti in direzione della luce che filtra attraverso l’alto della dolina. La Cina meridionale ospita diverse formazioni carsiche, con passaggi sotterranei, grotte e caverne enormi,in parte ancora tutte da esplorare. L’interno della dolina è lungo oltre 300 metri e largo almeno 150. Uno dei partecipanti alla spedizione, Chen Lixin, ha spiegato come quelli che vengono definiti“tiankeng”sembrano aprire le porte di un altro mondo. “Non sarei sorpreso di sapere che ci sono specie trovabili in queste grotte che non sono mai state riportate o descritte dalla scienza fino a ora” ha detto Lixin. Questi luoghi sono sia un rifugio per la vita e la biodiversità, sia un dedalo di intricati passaggi di condotti e falde acquifere, anche se spesso difficilmente accessibili. Alla spedizione hanno preso parte anche scienziati provenienti dal Regno Unito e la Francia ein totale sono state scoperte 19 nuove doline, portando il numero di quelle individuate nella contea di Leye a trenta. Quello che per gli esperti rappresenta una sorta digiardino dell’Edentutto da esplorare e scoprire, con diverse specie da studiare, a primo impatto sembra essere un habitat ottimamente conservato. Per poterci arrivare gli scienziati hanno affrontato una difficile discesa in corda doppia per oltre 100 metri e camminato per ore prima di raggiungere il luogo finora sconosciuto. Ora inizierà un’altra affascinante parte della spedizione: scoprire davvero cosa c’è là sotto, con lo scopo però dicercare anche di preservarne l’integrità. Nella ricerca dell’El Dorado, la città d’oro, decine di esploratori si sono persi, sono scomparsi o in alcuni casi sono perfino deceduti. Lo stesso vale per tutti quegli “Indiana Jones” che nei secoli hanno tentato di scovare i resti di alcune delle civiltà più affascinanti del Pianeta, come quelle che popolaronol’Amazzonia. Oggi però, grazie allatecnologia, le fitte e impenetrabili aree della grande foresta sono state esplorate dall’alto, rivelando lapresenza di rovine e “città” mai viste prima. Undici insediamenti sconosciuti, decorati e arricchiti dapiramidi, canali, sistemi idricie strade, sono stati scoperti grazie a una tecnica di telerilevamento chiamatalidar(light Detection and Ranging): alcuni elicotteri si sono alzati in volo a 200 metri di altezza sopra le chiome dell’Amazzonia e attraverso i laser sono riusciti a “penetrare” nella giungla e scovare le antiche rovine. Un gruppo internazionale di archeologi e scienziati che ha preso parte alla ricerca ha descritto oggi quanto scoperto sullarivista Nature. Nella zona dell’Amazzonia boliviana di Llanos de Mojos i ricercatori hanno individuato grazie ai laser sei aree in una regione vasta oltre 4.500 chilometri quadrati. Qui in totale hanno scoperto due grandi nuovi insediamenti pre-ispanici, chiamatiCotoca e Landívare 24 siti più piccoli (di 15 erano precedentemente noti). Da quanto ricostruito sembra che questi insediamenti risalgano all’incircatra il 500 d.C e il 1400 d.C, periodo in cui questa zona dell’Amazzonia boliviana ospitava la culturaCasarabe. I rilevamenti ottenuti mostrano che questi villaggi avevano piramidi a forma di cono di oltre 22 metri di altezza, strade e canali idrici, suggerendo la presenza di società complesse e non solo di piccoli agglomerati di capanne. «I nostri risultati mettono a tacere le argomentazioni secondo cui l’Amazzonia occidentaleera scarsamente popolata in epoca preispanica», sostengono gli autori dello studio. Risultati che sarebbero stati praticamente impossibili da ottenere senza il lidar: grazie a questa tecnica infatti vengono scansionate istantaneamente diverse aree ed è possibile vedere anche“attraverso” la fitta vegetazionein modo da scoprire possibili strutture di natura antropica. Nella speranza di riuscire presto ad approfondire i dettagli della nuova scoperta avvenuta per ora soltanto dall’alto, gli esperti spiegano che per poter esplorare diverse aree dell’Amazzonia e scoprirne i dettagli del passato,resta ormai poco tempo. Sebbene le nuove tecnologie permettano di superarenuove frontiere dell’esplorazione, lacrisi climatica, ladeforestazionee gliincendistanno infatti mettendo in difficoltà l’impegno degli archeologi. «Purtroppo, dato il rapido tasso di cambiamento ecologico che minaccia non solo gli ecosistemi ma anche le risorse culturali, il tempo sta finendo» chiosano i ricercatori.

Redazione

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