L’esplosione dei prezzi di gas ed elettricità, aggravata dall’aggressione russa all’Ucraina, pone l’Europa e il nostro Paese di fronte a scelte impegnative. Mal’embargo ai combustibili russivoluto dalla Commissione si scontra con ladifficoltà a ridurredrasticamente le importazioni di petrolio e gas. Vediamo cosìl’Eni, come altre società europee, accettare l’escamotage di aprire due conti a Mosca,uno in euro e l’altro in rubli. E questo, malgrado la chiara indicazione della Ue: “Aprire un secondo conto viola le sanzioni”. L’Italia avrebbe potuto fare l’inflessibile e rischiare lo stop al metano di Mosca?Probabilmente sì,se la scelta fosse stata condivisa da tutti i Paesi. Con le riserve strategiche avremmo potuto arrivare all’autunno ed è possibile che una posizione rigorosa dell’Europa e una resistenza decisa dell’Ucraina avrebbe consentito disbloccarela situazione. Certo era un rischio, perché le contromisure hanno bisogno di tempi più lunghi. Ma un’interruzione delle entrate da tutti i Paesi europei avrebbe colpito pesantementela già fragile economia di Moscaed è possibile che avrebbeavvicinato la tregua.Anche perché l’esportazione digas russo verso la Cinacomporta la costruzione di nuovi gasdotti, operazione che prenderebbe almeno 5 anni. Come in un gioco di carte, ilbluff di Putinè dunque riuscito. Ma cosa sarebbe successo, nel caso invece in cui l’interruzione del gas russo fosse diventata reale? E qui veniamo alle risposte che l’Italia sta predisponendo, con un mix di interventi prevalentemente di media e lunga durata. Qualcosa potrà arrivare in tempi brevi, come ilpotenziamento del flusso di gas dall’Algeria,ma gli approvvigionamenti dall’Egitto, Qatar, Congo, Mozambico, Angola e Nigeria di gas liquefatto (GNL) richiederanno diversi anni. Peraltro, a livello mondiale si prefiguraun boom del GNL, che comporterà prezzi alti e difficoltà a noleggiarenavi metaniere. Va peraltro sottolineato come ilconsumo europeo di gas sia destinato a diminuirenei prossimi anni e decenni. Ricordiamo infatti che fra 28 anni, nel 2050, la UE si è proposta di diventare “climate neutral”, con un consumo residuale di metano fossile. Purtroppo, nella discussione sui media e nelle proposte del governo, mancano spesso due elementi fondamentali, lemisure di efficienza energetica e il rilancio delle rinnovabili. Il pianoRepower EU presentato da Bruxelles ieri, 18 maggio, ribadisce invece con forza l’importanza di questi strumenti per tagliare le importazioni di combustibili fossili dalla Russia. Si parla, certo, della necessità di diversificare le importazioni di gas, ma si sottolineal’urgenza di un salto di qualitànella diffusione delle rinnovabili e delle misure di efficienza. Viene quindi alzata l’asticella della quota di rinnovabili sui consumi finali al 2030 portandola dall’attuale 40% al 45%. Per intenderci, visto che la percentuale include anche il contributo per gli usi termici e per il trasporto, questo vuol dire che lagenerazione elettrica verde europeaalla fine del decennio dovrebbe oscillare attorno al 75-80%. In particolare viene lanciata unaStrategia Solareche prevede, tra l’altro, di introdurre progressivamentel’obbligo di installare il fotovoltaico sui tetti dei nuovi edifici. Anche sul fronte dell’efficienza energetica vengono alzati gli obiettivi a fine decennio, il che comporterà l’innalzamento della percentuale di superficie edilizia annualmente riqualificata, oggi pari solo all’1%, e l’indicazione di passare sempre più verso la cosiddetta “deep renovation”, riqualificazione energetica spinta che prevede drastiche riduzioni dei consumi di gas. Un elemento interessante, che era già comparso nel rapporto “Net Zero by 2050” dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, riguarda la sottolineatura del ruolo che possono aver i cambiamenti comportamentali. Insomma, il messaggio provocatorio di Draghi “pace o condizionatori accesi” viene declinato in una serie di misure suggerite a famiglie e aziende. La stima europea indica un possibiletaglio del 5% della dipendenza europea da gas e petrolio russi, dalla climatizzazione degli edifici all’incremento di una mobilità sempre più sostenibile. Il piano Repower EU rappresenta dunqueun messaggio forte anche al nostro Governo, che ha parlato molto di rigassificatori e gasdotti ma ha decisamente sottovalutato il ruolo che potranno svolgere soluzioni alternative, a partire dalle rinnovabili. È sperabile che questo provvedimento europeo si traduca in unadecisa accelerazione di politiche per un rilancio dell’elettricità verde, bloccata dal 2014, e che non vengano ostacolate le misure come il Superbonus per la riqualificazione del patrimonio edilizio.
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