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La vecchia storia delle piccole isole sostenibili

 

Quando si tratta di tematiche legate ad ambiente e sostenibilità la sensazione di vivereun dejà vunon è cosa rara. I tempi a volte lunghissimi nell’attuazione di politiche e azioni che appaiono logiche e fattibili da subito e il ripetersi di annunci dilazionati nel tempo producono una reazione del genere“ma non l’ho già sentita questa storia?”. Quello delle isole minori italiane –due terzi delle quali non sono connesse alla rete elettrica nazionale– è un caso paradigmatico da questo punto di vista. Se esistono delle tecnologie mature che permetterebbero di produrre energia localmente e in modo sostenibile, quantomeno da una prospettiva ambientale, perché ancora oggi nonostante qualche passo avanti la produzione di elettricità nelle isole minori è sostanzialmente basata suimpianti che funzionano a gasolio,che oltretutto bisogna far arrivare dal “continente”? Puntare sullerinnovabilisembrerebbe puro buon senso, eppure tutto questo per ora rimane in buona parte unmiraggio, come testimoniano i dati raccolti da Legambiente e CNR nell’ultima edizione delRapporto Isole Sostenibili. Lo scorso 4 maggio però ilMinistero per la Transizione Ecologicaha annunciato l’esito delbando“Isole Verdi”: con il PNRR e i fondi di Next Generation Europe sembra infatti essere arrivata una svolta per le cosiddette “isole minori” del nostro Paese, o perlomeno per i13 comuni – Isola del Giglio, Capraia, Ponza, Ventotene, le Tremiti, Ustica e Pantelleria, i tre comuni dell’Isola di Salina, di Favignana, Lampedusa e Lipari– che entro il 22 aprile scorso hanno presentato i progetti per 140 interventi da realizzare nel quadro del bando. La posta in gioco è di200 milioni di euro, che serviranno principalmente a finanziare interventiper l’energia rinnovabile e le risorse idriche. In misura minore per efficienza energetica, gestione dei rifiuti, mobilità sostenibile. Ma allora, da dove arriva questa sensazione didejà vu? Succede perché di sviluppare sistemi per l’autosufficienza e la sostenibilità energetica nelle isole minori italiane si parla da molto tempo, tant’è che ilprimo provvedimento in materia risale addirittura al 22 dicembre del 2000. Nell’analisi diLegambientei motivi di un procedere così lento si sintetizzano in tre elementi:scarsa conoscenza delle opportunità e dei vantaggianche economici che questi interventi darebbero ai cittadini,difficoltà di accesso al creditoin un momento di difficoltà dell’economia in generale e buon ultimo, ma sempre ricorrente,la complessità delle procedure autorizzativeper i vincoli esistenti su quei territori e i divieti da parte delle soprintendenze. E divieto è il termine che viene usato anche da altre fonti, divieto che riguarda in particolaregli impianti per l’energia eolica, sui quali vige di fatto untotale ostracismo. Solo piccole quote di micro-eolico risultano essere presenti aPantelleria, Ventotene e Sant’Antioco. Chi conosce la storia di un’idea perfino affascinante come quella delle isole green ed energeticamente autosufficienti testimonia cheil problema c’era 22 anni fa e rimane immutato oggi. Alla faccia delle tante buone ragioni a favore di queste tecnologie. Per la produzione in loco dell’energia elettrical’alternativa è quindi il solare fotovoltaico, sui tetti o a terra, e qui si pongono problemi di altra natura. Per accedere ai bandi gli edifici devono esserecorrettamente accatastatie per il privato evidentemente la situazione non è così limpida. Per una verifica basta guardare i dati sulla distribuzione dei fenomeni diabusivismo edilizionel territorio nazionale, come conferma Antonio Pergolizzi, curatore per Legambiente del rapporto annualesull’Ecomafia.Mentre gli edifici pubblici costituiscono un patrimonio troppo limitato per poter dare un contributo significativo alla produzione di energia da FV. Per ilfotovoltaico a terrai problemi sono nuovamente legati avincoli paesaggisticio di protezione della natura e, di conseguenza, di disponibilità di spazio. Inoltre, attualmente il maggior sviluppo di impianti FV si registra nelle isole già interconnesse con la rete elettrica, Ischia, Elba e Sant’Antioco. Dove ce ne sarebbe maggior bisogno i dati sono invece spesso bassissimi, comealle Tremiti o a Salina. Qualche sviluppo si registra nella promozione dellamobilità elettrica, di cui è un esempio il progetto per il car-to-grid aFavignana. In uno scenario del genereCapraiavanta il risultato di un completo abbandono della produzione di energia elettrica da fonti fossili grazie a unimpianto a biodiesel, seppure anche questo combustibile sia importato. Ma con il progettoCapraia Smart Island, l’isola sembra voler seguire l’esempio diEl Hierro, nelle Canarie,dove l’obiettivo dell’autosufficienza energetica è già stato raggiunto e le strategie di sviluppo sostenibile si estendono a tutti gli ambiti, dal turismo all’agricoltura. E dove peròl’eolico è ben presentenel mix di tecnologie utilizzate. Tornando all’Italia, rispetto ai bandi del passato i 200 milioni di euro di “Isole Verdi”sono una dotazione di risorse importante. Rimane da vedere se e quanto le problematiche che fino a oggi hanno rallentato lo sviluppo agiranno ancora da freno.

Redazione

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