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Vizi e virtù dell’ecosistema digitale

 

Come noto oggi non è più sufficiente sviluppare prodotti e servizi utili e desiderabili per i clienti eremunerare il capitale investito di azionistie debt holder; bisogna anche creare un impatto positivo all’interno del proprio sistema di riferimento ed essere un’aziendaper la quale ci si sente orgogliosi di lavorare. Da un’abilità decisionale a tre dimensioni – in quanto valuta di un’azione lafattibilità, l’utilità per il mercatoe laremunerazione del capitale investito–la sostenibilitàrichiede di sviluppare una vera e propria capacità di discernimento in grado di prenderedecisioniche abbracciano ulteriori dimensioni: non solo le tre indicate prima ma anche l’equilibrio sociale, laqualità ambientale, il grado di irrobustimento di clienti e fornitori, ilbenessere psicologicodei dipendenti. Decisioni, dunque, anche permeate divalori etici: non solo “corrette” ma anche “giuste”. È dunque sempre più necessario creare le condizioni per generare quel (desiderabile) impatto positivo che l’azienda deve poter ottenere nel proprio ecosistema di riferimento (non solo esterno ma anche interno all’azienda); impatto che si declina –seguendo il modello ESG– lungo tre direttrici:Environment, Social e Governance(ESG) e quindi impatto ambientale, impatto sociale e trasparenza/integrità nella conduzione della stessa azienda, che deve diventare, o meglio rimanere,a good place to worke a cui spetta il presidio della sostenibilità più strettamente economica. Ma queste tre direttrici non colgono tutti gli ambiti in cui può verificarsi un impatto devastante e quindi da presidiare. Sta infatti emergendo una quarta direttrice di intervento:l’universo digitale. Per molti – soprattutto peri fornitori di queste tecnologie– il digitale viene considerato una delle possibilileve per vincere le sfidesociali, ambientali e di governance delle aziende… anzi addirittura la leva più importante. Ma a ben vedere le cose non stanno proprio così. Ildigitaleè molto di più di una tecnologia o un settore economico:è un vero e proprio ambiente– anzi universo – con le proprie leggi, i propri principi di funzionamento e che avvolge sempre di più e con maglie sempre più strette l’intera umanità e l’ambiente in cui viviamo. Umanità che non si limita a usare il digitale ma ci interagisce, lo abita e lo subisce. Il gemello digitale– il digital twin – è sempre meno il genio della nostra lampada e sempre di più una divinità a cui dobbiamo sempre maggiore obbedienza. Inoltre la sua dimensione problematica – il lato oscuro – è strutturale, quasicomplementare al lato luccicante dell’innovazione. Potremmo affermare che le due polarità si definiscono e si alimentano a vicenda. Quanto piùuna tecnologia è potente e crea opportunitàtanto più sviluppa dimensioni potenzialmente problematiche, in quanto legate a errori di utilizzo, a comportamenti imprevisti o all’uso “non etico” fatto da coloro cheThe Economist– in un efficace articolo sul tema – ha chiamato “wrongdoers” e che noi diremmomalintenzionati.Klaus Schwab ha riassunto questa duplicità del digitale in modo bruciante e illuminante: «sono allo stesso tempol’agente disgregatore e la forza motrice del progresso». Infine decisori o utenti possono anche essere inconsapevoli deidanni generabili dal digitale– quasi in buona fede. Mentre nel caso di impatto ambientale e sociale è possibile identificare e bandire le azioni dannose, nel caso del digitale – soprattutto dopo l’avvento dell’intelligenza artificialee la rivoluzione dei dati – la situazione è molto più complessa. Senza una conoscenza approfondita di queste tecnologie è infatti sempre più probabile prendere – in piena buona fede – decisioni i cui esiti si possono rivelare successivamentenefasti.Infatti – come ci ricorda il filosofo Paul Goodman – «dipenda o no dalla nuova ricerca scientifica,la tecnologia è un ramo della filosofia morale, non della scienza», perché attiene agli impatti, più o meno consapevoli, delle sue azioni. È necessario quindi incominciare a parlare di modelloESDG–Environment, Social, Digital and Governance.E mai come per il digitale vale la raccomandazione del filosofo Hans Jonas alla base del suo principio legislativo di precauzione, sancito nella Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992: «Non si deve mai fare dell’esistenza o dell’essenza dell’uomo globalmente inteso una posta in gioco nelle scommesse dell’agire».

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