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Le donne al lavoro? Ultime a entrare, prime a uscire

 

Last in, first out. È un’espressione che si usa nel settore della logistica, per indicare chel’ultimo prodotto a entrare è anche il primo a uscire. Ma è anche, secondo ilCNEL, lacondizione occupazionaledelle donne italiane, insieme a esempio ə giovanə e ə migrantə. E chi sono i più forti, sempre secondo il CNEL? Certamente gli uomini, meglio se italiani e non più giovanissimi. È quanto emerge anche dal Report“Le equilibriste: la maternità in Italia nel 2022”, pubblicato proprio pochissimi giorni fa daSave The Children. Ledisparità di genere,anche sotto il profilo salariale, precedono nel nostro Paese il momento della maternità e della paternità: a 11 anni dal conseguimento del titolo di scuola secondaria superiore, i diplomati maschi hanno un reddito medio di 2.076 euro,il 34% in più rispetto a quellodelle diplomate. Ma non finisce qui: i dati più preoccupanti sono quelli sulpercorso salariale. Per gli uomini, intorno ai 30 anni, la traiettoria salariale è ancora in crescita. Per le donne, alla stessa etàsi appiattisce, come se non dovesse crescere più (e infatti…). Stando alGender Policies Report dell’INAPP,la ripresa occupazionale del 2021, stimata in base ai dati Inps sui nuovi contratti attivati nel primo semestre 2021, rispecchia una profonda struttura didifferenze di genere. a esempio, tra coloro che vedono il propriocontrattostabilizzarsi e passarea tempo indeterminato, solo il38%sono donne. Per non parlare deicontratti part-time, che interessano il 35,7% del totale nel primo semestre 2021. Anche in questo caso, rileviamo una marcatadisparità tra uomini e donne.Infatti, i nuovi contratti prevedono il part-time per il 49,6% delle donne e per il 26,6% degli uomini. E nel caso delle donne, nel 61,2% dei casi sono involontari (in particolar modo, per le donne più giovani: in questo caso, il part-time involontario sale al 72,9%). Un altro elemento contenuto nelReport di Save The Childrenè quello relativo ai dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoroper il 2020. Nellarelazione annualesulle convalide delledimissioni dellelavoratrici madrie dei lavoratori padri, i provvedimenti di convalida interessano lavoratrici madri nel 72,9% dei casi nel 2019 e nel 77,4% dei casi nel 2020. Come sempre, la situazione per le lavoratrici è piùcriticase sono madri di bambinə di età compresa tra 0 e 3 anni. In questo caso, ledimissioni volontarienel 2020 riguardanoper il 77,4% le madri e solo per il 22,6% i padri. Le motivazioni? Per le donne, nel 98% dei casi, si fa riferimento alledifficoltà di conciliazionerispetto ai servizi di cura. Per gli uomini, tali decisioni sono legate prevalentemente aun passaggio ad altra azienda. Quanto emerge dal Report è che, nell’ambito di un contesto, quale quello italiano, già profondamente discriminatorio per le donne, “La crisi daCovid-19è stata un acceleratore didisuguaglianzesociali, economiche, educative”, secondoAntonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save The Children. “In Italia, le donne e le mamme in particolare hanno pagato un prezzo altissimo. La recessione conseguente alla pandemia è stata giustamente definita unashe-session. I dati ci dimostrano che è ancor di più unamom-cession”. Cerchiamo diguardare al futuro: come ne usciamo? Secondo Inverno, “Servonomisure efficaci, organiche e ben mirate che consentano di bilanciare le esigenze dell’essere madri e quelle dell’accesso e della permanenza nel mondo del lavoro.” Siamo sulla strada giusta? “Le riforme in atto, come ilFamily Acto laLegge sulla parità salariale, sono passi avanti, ma occorre completare il quadro coninvestimenticonsistenti: dal sostegno al reddito, alle politiche fiscali, all’offerta di un’infrastruttura di servizi, alla qualità del sistema scolastico. Tutto influisce sulbenessere del nucleo famigliaree anche sul tasso difertilitàche sta segnando picchi ormai drammatici nel nostro Paese”. Sappiamo bene cosa fare, basta solo voler iniziare.

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