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La fatica psicologica dell’infertilità

 

Nel 1981Elisabeth Badinter,filosofa e storica francese, pubblica un libro dal titoloL’amore in piùche rompe un tabù:la maternità non è un fatto naturale, essere madri non è innato e l’amore materno è uno dei sentimenti umani, che come tutti i sentimenti è incerto, fragile e imperfetto. Un sentimento che può esistere o non esistere, e che comunque non vamai dato per scontato, un amore in più appunto. Da allora moltissime cose sono cambiate nella maternità, nel modo di viverla, nelledifficoltà sempre maggiori a realizzarla. Eppure anche se siamo in un nuovo millennio, rimane profondolo stigma dell’infertilità. Chi affronta il percorso della procreazione medicalmente assistita (PMA) e della fecondazione eterologa, affronta una strada accidentata fatta di inciampi e delusioni ma soprattutto perennemente accompagnato dalla sensazione di averequalcosa di sbagliato. Raramente questa esperienza viene condivisa da chi la vive, più frequentemente vienenascosta, come se fosse accompagnata dalla colpa di non avere un corpo fertile. È indubbio che questipregiudizisono diffusi anchetra stessi operatori sanitari, medici soprattutto, la stessa terminologia medica fa riferimento a modelli arcaici: una donna di 35 anni che partorisce per la prima volta è una “primipara attempata”, in un mondo dove la maggior parte delle donne per ragioni sociali, culturali, lavorative prende, se ci riesce, la decisione di fare un figlio dopo i trent’anni. Lafatica psicologicache accompagna le coppie, in particolare la donna, che affrontano questo percorso è assolutamentesottovalutata, mentre è in realtà un elemento decisivo nelfavorire oppure ostacolarela realizzazione del progetto di avere un figlio. Ed è ildesiderio(non la frustrazione) che apre la porte alla possibilità di una creazione vitale quale quella di un figlio. Perché di questo comunque si tratta: qualunque sia la strada percorsa per raggiungerla. Il desiderio e l’esplosione emotiva che avvolgono questa esperienza della vitanon è diversa se il figlio è stato concepito in modo naturale o tramite la PMA. Oggi questo problema riguarda moltissime coppie, non è più un problema di nicchia, eppure rimane ancora un argomento di cui i protagonisti sono assolutamente restii a parlare. Rimane ancora attiva l’idea che la procreazione sia una sorta diprova di efficienza per la donna(e in realtà anche per l’uomo) dove il desiderio viene rapidamente sostituito dalla frustrazione, se questa prova non è superata naturalmente. Si ritorna dunque al punto di origine di molti disagi contemporanei e cioè a quelsenso di inadeguatezza riferito soprattutto al corpoche riguarda persone di tutte le età, assediate dalla richiesta di un corpo senza imperfezioni, perennemente giovane e performante. Uscire da questaossessionesignifica essere liberi di scegliere davvero se avere un figlio oppure anche no, ma soprattutto significaaccettarepienamente quel territorio, cosi intimo ed estraneo allo stesso tempo, che è il nostro corpo.Con il quale abitiamo e ci apriamo al mondo.

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