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La condizione LGBT+ nelle carceri italiane

 

È uscito ilXVIII rapportodi Antigone sulle condizioni di detenzione nelle carceri italiane. Si chiama“Il carcere visto da dentro”ed è lo sguardo annuale dell’associazione italiana che, dal 1991, si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario. Unintero capitoloè dedicato allasituazione legata ai diritti LGBT+, tema centrale nel progetto di riforma dell’Ordinamento penitenziario designato dallaCommissione Giostra nel 2015,che però non ha ricevuto l’attenzione sperata. Perché “così com’è, oggi,il carcerenon funziona nella sua prospettiva costituzionale”, scrive Antigone. Neanche per le persone omosessuali etransgenderdetenute. L’associazione, che raccontail carcere“così come lo abbiamo visto nelleoltre 2.000 visite di monitoraggioeffettuato negli ultimi 24 anni (circa 100 solo nel 2021) con numeri, approfondimenti e storie”, ha voluto analizzare come e se viene applicatoilprincipio di non discriminazione verso la differenza sessuale e di genere. Attraverso le segnalazioni raccolte dal servizio diGay Help Linenel 2021, ilcontact centernazionale contro omofobia e transfobia, sono emerse delle testimonianze provenienti direttamente dagli istituti. «Sono moltodepresso: non parlo della mia detenzione, ormai mi mancano pochi anni. Il fatto è che non ce la faccio più a comportarmi da etero, come ho fatto in questi otto anni», racconta un anonimo di 37 anni. «In quest’ambiente è impossibile farecoming out», scrive un 46enne, «temo che mi sposterebbero in un reparto come “precauzione”, così perderei il mio lavoro da sarto. Ho già vistopersone gay o trans isolatesenza fare nulla dalla mattina alla sera e senza poter uscire dalla cella». Attualmente, secondo i dati aggiornati al 15 febbraio del 2022, i quasi190 istituti penitenziari italiani accolgono 54.428 detenuti: “posto che l’orientamento sessuale è un aspetto intimo dell’identità degli individui e in quanto tale insondabile in termini di numerosità, ilDipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria(l’organo che provvede a garantire ordine e sicurezza nelle carceri,ndr) traccia la categoriaomosexbasandola sulla necessità di allocare in condizioni di sicurezza gli omosessuali maschi, visibili o dichiarati” sottolinea Antigone. Oggigli omosessuali registrati sono 64, di cui 57 assegnati a sezioni protette. I restanti sono in isolamento per ragioni protettive, 2 in sezioni comuni e 1 in accoglienza. Dei 64 totali,solo 3 sono impegnati in attività lavorative, ovvero il 5% dei detenuti omosessuali registrati. Il documento finaledel 2016 degliStati Generalisull’esecuzione penale spiegava che il “destino” delle persone omosessuali all’interno dell’istituzione dipende anche dalla loro decisione di dichiarare, al momento dell’ingresso, il proprio orientamento sessuale”. Una scelta che produce “precise ricadute: se, da un lato, il detenuto decide di esplicitare il proprio orientamento egli è destinato, difatti, alla condizione di isolamento all’interno della “sezione protetti”; in caso contrario si iscrive, tacendo, in altri percorsi di vita penitenziaria, dopo essere stato collocato nella sezione condivisa”. Antigone sottolinea cheil principio di umanità e quello di solidarietàrichiamati dall’articolo 27 della Costituzione sono diventati istanze poi entrate nella legislazione attraversoi decreti legislativi del 2018(applicativi della legge Orlando) che hanno esteso la tutela dell’art. 3 della Costituzione ai fattori di discriminazione per “sesso, identità di genere e orientamento sessuale”. “Una trasformazione che oggi si rivela però problematica, perché allarga le dimensioni della differenza, ora anche sessuale, prevedendone la tutela in nome dell’uguaglianza”, dice l’Associazione. Nei casi di discriminazione all’interno degli istituti -quelli che accolgono persone omosessuali sono solo 20 su 64-, l’amministrazione penitenziaria dà la priorità al mantenimento della sicurezza interna e sposta il detenuto o la detenuta – dietro consenso dell’interessatə – in un luogo in cui non debba temere attacchi violenti. E dunquelo isola o lo separadal resto della popolazione carceraria. Le cosiddette“sezioni protette”sono spazi che precludono la partecipazione alle attività e ai progetti di inserimento lavorativo a cui di norma si accede. Spesso, poi, e questo accade soprattutto nel centro Italia, non tutti gli istituti sono dotati di sezioni separate, e questo comporta l’allontanamento del detenuto anche dai propri affetti. Un altro dato significativo è quello che riguardal’omosessualità femminile: non pervenuta. “Se infatti per l’amministrazione penitenziaria l’eterosessualità è la norma, l’omosessualità è “normalmente” questione maschile”, spiega Antigone. Di conseguenza, la presenza didonne lesbiche o bisessualinon riceve alcuna attenzione, e dunque nessuna tutela. Per non parlare dellepersone trans: quelle registrate sono tutte donne, in totale63: “5 sono assegnate a sezioni promiscue, una è in casa di lavoro, 2 sono in sezione comune femminile, tutte le altre in sezioni protette omogenee”.L’82% sono cittadine non italianee l’assoluta maggioranza vive lontana dalle reti familiari e relazionali di origine, in un Paese diverso dal proprio. «Le situazioni più difficili le troviamo dovele donne trans sono collocatein sezioni promiscueinsieme aisexoffenders: il loro vissuto di violenza pregressa, spesso legato all’attività comesex worker, le costringe a vivere in una condizione costante di paura», ha spiegato ad AntigoneAnna D’Amaro, operatrice sociale dell’AssociazioneMit – Movimento identità trans. L’obiettivo di Antigone è “la realizzazione di un sistema che, disinnescando la paura della differenza sessuale e di genere, rimuova il rischio oggi ancora concreto diemarginazione e di lesione dei diritti individuali”.

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