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Una startup ugandese trasforma la plastica in stoffa

 

L’industria dellamodaultimamente sembra darsi un gran da fare nel cercare diriabilitarela propria immagine, il più delle volte decisamentepoco eco-friendly. Il settore è ilterzo più inquinantein termini assoluti, dietro solo ai comparti alimentari ed edili. Senza contare che produrre vestiti comporta un enormedispendio idrico e che secondo lo studioFashion on climatecondotto da McKinsey & Company, nel 2018 l’industria avrebbe prodotto a livello globale circa2,1 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra, il 4% del totale. Alla luce di questo scenario e di una nuova sensibilità da parte dei clienti, i grandi marchi tentano di correre ai ripari, ma gli sforzi migliori sembrano arrivare dalle nuove generazioni. È il caso diKimuli Fashionability, un’azienda ugandeseche trasformai rifiuti in plastica in stoffa,con la quale realizza abiti e accessori. Il Paese africano non è dotato di un sistema di smaltimento funzionante e, come spiegato nel sito web dell’azienda, solo nella capitaleKampala, ogni giorno si accumulano oltre28.000 tonnellate di rifiuti di plastica. Di queste meno della metà è raccolta, solol’1% formalmente riciclatae il resto accatastato a cielo aperto e spesso bruciato, con gravi danni per la salute delle persone e dell’ambiente. Desiderosa di cambiare la situazione, lagiovane imprenditrice Juliet Namujjuha fondato un’azienda green e inclusiva, la cui vocazione non si ferma alla salvaguardia del Pianeta. Kimuli Fashionability, infatti, oltre a essere un marchio di moda sostenibile offre anche opportunità di lavoro agiovani disabili. «Mio padre è stato coinvolto in un incidente stradale che gli è costato l’amputazione delle gambe. A seguito di quell’evento è stato licenziato e nessun datore di lavoro ha più creduto nelle sue capacità. – ha raccontato inun’intervista- Questa ingiustizia mi ha spinto a volercambiare la mentalitàdelle persone nei confronti della disabilità». Secondol’Uganda Population and Housing Census,i disabili nel Paese sono circa il 6% della popolazione, ovvero 6,5 milioni di individui che spesso versano in condizioni di grave povertà perché esclusi da ogni programma sociale, economico ed educativo. All’interno dellastartup,disabili, donne e giovani emarginati provenienti da contesti rurali e urbani difficili vengonoformati eimpiegatiin ogni fase dellacatena produttiva, nella convinzione che solo non lasciando indietro nessuno si possa contribuire a una crescita economica e non solo davvero inclusiva. Il loro lavoro inizia dallaraccolta dei sacchetti di plasticanelle discariche,300 kg circa ogni mese. Successivamente la plastica viene lavata, asciugata al sole, tagliata a seconda del design del prodotto da realizzare e mescolata con tessuti africani comeKitengi, Sisal e Barkclothper poi essere trasformata incapi unici e accessori. «Mia nonna era una sarta e quando ero piccola mi aiutava a fare delle bambole con ritagli e rifiuti, visto che non poteva permettersi di comprarmi giocattoli. Da quel momento ho iniziato a vedere ciò che gli altri buttano come una risorsa e oggi trasformo i rifiuti in qualcosa di bello come un fiore», racconta Juliet Namujju, che ha scelto il nome Kimali Fashionability proprio perchékimulinella lingua localeLugandasignificafiore. Il quartier generale della startup è situato in un Paese in forte espansione, parte di quella che viene definitaSilicon Savannah, l’ecosistema dell’innovazione composto daKenya, Uganda, Tanzania e Rwanda, nel quale molte aziende stanno emergendo. Oltre ad abiti e accessori, il brand durante il lockdown ha iniziato a produrremascherine in stoffacon la porzione corrispondente alla bocca trasparente, pensate per persone sordo mute che necessitano di leggere il labiale per comunicare. Un ennesimo passo avanti sulla strada dell’inclusione che ha valso al team ugandese l’inserimento tra le societàvincitrici diNext Generation Africa, un programma di sostegno alla crescita dei team imprenditoriali più promettenti della Silicon Savannah, promosso dall’Ambasciata d’Italia in Uganda e dall’associazione BeEntrepreneurs APS. I responsabili di Kimuli Fashionability, insieme a quelli di altre cinque aziende africane, saranno protagonistedal 9 al 13 maggio 2022 delloStartup Africa Roadshow,un evento che si snoderà tra Milano e Torino, scandito da momenti di networking e formazione, incontri sul campo e sessioni di confronto a tema innovazione.

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