In un mondo sempre più tecnologicizzato, dove il lavoro è ormai in gran parte gestito da algoritmi che decidono i tempi e modi delle nostre attività lavorative, una delle aziende che maggiormente si vanta di avere un approccio etico ed empatico alle relazioni, è inciampata inun errore “umano troppo umano”di una delle sue dipendenti. Una caporeparto troppo zelante ha minacciato le dipendenti del punto vendita di“smutandarle” pubblicamentese non fosse emerso il nome di chi, in quei giorni, avesse il ciclo mestruale. Pare che, incauta, una di loro avesse sbagliato mira e un assorbente fosse caduto fuori dal cestino del bagno. Lo slogan della catena di supermercati, lo sappiamo tutti, recita: “Persone oltre le cose”. Vale solo per i clienti?Vale solo per il commesso gentilissimo che accompagna la signora smarrita al banco dei“bassi e fissi”a cercare i prodotti più convenienti? Il commesso, di sesso maschile, non verrà minacciato di doversi calare gli slip davanti alla feroce caporeparto e forse per questo è tanto gentile. Ma la sventurata dipendente avrà confessatoil suo reato? Si sarà prostrata davanti alla caporeparto gridando: “Sono io, è vero ho il ciclo ma uso solo assorbenti marchiati Conad!”. Se glialgoritmihanno il potere di controllare quanto tempo un dipendente si ferma in bagno, gli esseri umani hanno in più il potere di controllare la fisiologia e lanatura femminileche purtroppo una volta al mese ci vuolemestruate. Gli algoritmi sono dunque più umani degli umani?La risposta alla Conad: “Persone oltre le tue cose”.
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