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La salute del Pianeta è nelle mani (anche) delle imprese

 

Come sta il nostro Pianeta? E cosa si può fare, concretamente, per promuovere un nuovo modello di sviluppo che lo tuteli e preservi la salute dei cittadini? E chi, soprattutto, dovrebbe occuparsene? «Le vere protagoniste del nuovo approcciosocioeconomico rigenerativo sono leimprese», spiegaalla Svoltal’imprenditore Andrea Illy, presidente dellaRegenerative Society Foundation, nata nel 2020. L’aspirazione della fondazione, senza scopo di lucro, ècreare valore economico preservando o ripristinando gli ecosistemicon benefici per l’ambiente e per il benessere dell’umanità. «Immaginiamo una società rigenerativa dove l’uomo vive intotale armonia con la natura, senza inquinare e consumando soprattuttorisorse che possono essere rigenerate», spiegano sul sito ufficiale. Con l’economista e saggista statunitenseJeffrey Sachs, «un mentore che ci fa da timone», Andrea Illy spiega che l’obiettivo del gruppo è«coinvolgere il maggior numero di organizzazioni con il massimo impatto possibile». Per questo la coalizione riunisce imprenditori, politici, accademici, leader spirituali, organizzazioni governative e non, membri della società civile, per promuovere una accelerazione verso questo nuovo paradigma, sviluppando e istituzionalizzando un modello dieconomia rigenerativa. Illy, anche presidente di Illycaffè S.p.A, che per il decimo anno consecutivo è stata eletta una delle delleWorld’s Most Ethical Companies 2022, spiega che l’idea di creare una coalizione che accompagnasse le imprese nella transizione viene daDavide Bollati, presidente del Gruppo Davines, che è uno dei fondatori insieme, tra gli altri, allaFondazione Ernesto Illy e alSustainable Development Solutions Networkdelle Nazioni Unite. Secondo Illy sono propriole imprese, con i loro capitali di investimento,innovazione, ricerca e sviluppo e, collettivamente,le sole a poter raggiungere la massa critica necessaria a innescare il cambiamentoe, al contempo, migliorare il benessere dei cittadini. «Abbiamo pensato per 12 mesi a come partire con la Fondazione, per evitare i soliti luoghi comuni e dare una definizione chiara per costruire un modello di business», spiega Illy. E ora che l’approccio sostenibile apporta anche un vantaggio economico, «c’è un interesse esponenziale da parte delle imprese. Inoltre,iregulatoreuropei e i giovani attivisti,ormai, sgominano quelle realtà che non sono sostenibili, e anche la finanza fa sempre più richieste in questo senso». E alloraqual è la difficoltàdelle imprese, oggi? «Non sanno come fare. Come accedere ai fondi pubblici, alle tecnologie necessarie, che spesso non hanno ancora raggiunto l’efficienza per fare la transizione energetica». Ed è per questo chela fondazione sosterrà imprese e progetti rigenerativi– dunque servizi ecologici del suolo e dell’acqua, agricoltura non convenzionale, rigenerazione urbana, cattura diretta dell’aria, materie prime circolari – attraverso il trasferimento di conoscenza, l’individuazione di soluzioni di finanziamento,partenariati pubblico-privatie attività di misurazione. E forse, un giorno, la salute del Pianeta ringrazierà. Di indagare le condizioni di salute del mondo si sono occupatiPaolo Vineis, direttore scientifico della Regenerative Society Foundation,professore di Epidemiologia ambientale all’Imperial College di Londra e visiting professor all’Istituto italiano di tecnologia di GenovaeLuca Savarino, professore di Bioetica all’Università del Piemonte Orientale e membro delComitato nazionale per la bioetica. Nel libro che hanno scritto a quattro mani, intitolatoLa salute del mondo, edito da Feltrinelli,un epidemiologo e un filosofo dialogano sul nuovo approccio necessario per affrontare le sfide del ventesimo secolo, dalle cause della pandemia alle responsabilità della politica in merito alla crisi ambientale. «A un problema globale come la salute collettiva dovrebbe corrispondere una risposta globale», ha spiegato la giornalista Cristina Gabetti, moderatrice della presentazione del libro presso la Fondazione Feltrinelli di Milano, in cui è intervenuto anche Andrea Illy. Gabetti ha fatto riferimento alla“preparedness”, ovvero la capacità di essere pronti ad affrontare le crisi preannunciate,«come la pandemia: lo aveva rivelato il rapporto “A world at risk” pubblicato nel 2019 dalGlobalpreparedness monitoring board». L’organismo coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Sanitàe dallaBanca Mondialein risposta all’epidemia di virus Ebola nell’Africa occidentale, infatti, aveva parlato di una minaccia molto concreta di una pandemia altamente letale di un agente patogeno delle vie respiratorie. Nel libro, pubblicato a novembre 2021, si fa un continuo rimando allarelazione fondamentale tra natura e cultura, scienza ed etica, spingendo il lettore e la comunità intera ad andare oltre questa dicotomia. Le domande del testo, diviso in tre parti, spaziano dai dilemmi di un medico in terapia intensiva ai dubbi di qualsiasi comune cittadino di fronte a questo scenario in cui la salute degli uomini e le condizioni della Terra sono più intrecciate che mai. «Il filosofo inglese Timothy Morton sostiene che la pandemia e la crisi ambientale siano “iperoggetti”. Ovvero, così grandi, così smisurati, che rendono difficile categorizzarli e analizzarli», spiega Savarino. «La natura della pandemia è comprensibile solo se vista comeun fenomeno complesso». Nell’analizzarlo, «bisogna coinvolgere l’intera società, c’è un enorme problema digovernancevisibile anche in merito al discorso energetico e alla guerra. La dicotomia tra scienza e valori è irrisolta, ma è al centro di tutti i nostri problemi. E il Covid ha richiamato l’urgenza del dialogo tra discipline umanistiche e scientifiche», aggiunge Vineis, che di recente è stato riconfermato nel Nuovo Consiglio superiore di sanità. Questa comunicazione è anche al centro della Regenerative Society Foundation, secondo cui i danni all’ambiente vanno ripristinati, guarendo così sia il Pianeta che le persone. Perché come ha spiegato l’ong di protezione ambientale Wwf nelreportintitolato “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi”, molte delle malattie emergenti «non sono catastrofi casuali, ma la conseguenza del nostro impatto sugli ecosistemi naturali».

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