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Il ballo dello stagionale

 

Come l’afa, gli incendi, le zanzare, la prova costume, la caprese, l’insalata di riso e le code in autostrada torna – alla vigilia dell’estate – anche la polemica sui giovani-che-non-vogliono-lavorare. Il rituale in genere si svolge così: un ristoratore o gestore di stabilimento balneare si fa intervistare da un giornale, spesso locale, per dire che nonostante offra stipendi sontuosi, ferie, riposi, lenzuola in seta, caviale e champagne,quando mette un annuncioi giovaninon si presentano o (ingrati!) chiedono per prima cosa quanto guadagneranno.“È colpa del reddito di cittadinanza”, tuona. Il passo successivo prevede l’esplosione sulla stampa nazionale e la politica che se ne fa carico. Per modo di dire, ovvio. Sono più che altro dichiarazioni, tavoli con associazioni di categoria,discussione che diventa occasione per piantare bandierinee collocarsi in un punto qualsiasi del dibattito tra l’estremo di chi dice che ilReddito di cittadinanzaspinge alla scelta del divano e chi empatizza esclusivamente con i ragazzi. La retorica di una parte e dell’altra cola dai microfoni e dalle pagine dei quotidiani, allaga i social ed esonda, tra un fiorire di “ai miei tempi”, “i giovani di oggi” e inevitabile carenza di mezze stagioni. Si potrebbe entrare in questo insulso scontroricordando gli stipendi bassi, il nero, la totale assenza di prospettive, gli straordinari non pagati,ma sarebbe un pezzo della stessa retorica: ci sono molte aziende che offrono salari discreti, pagano i contributi e gli straordinari, propongono una crescita interna. Più sano sarebbeinterrogarsi sul perché domanda e offerta di lavoro in questo Paese faticano a incrociarsi,ragionare sui centri per l’impiego che funzionano poco e male, sul costo del lavoro elevatissimo, sulla cultura d’impresa e su quella della fatica. Infine su una condizione giovanile che rimane la grande questione aperta: tutti i sondaggi ci dicono chegli under 30 sono pessimisti,non pensano a far figli, vedonoun futuro lavorativonero. Qualcosa vorrà pur dire. E il reddito di cittadinanza, con tutti i suoi difetti che non vanno nascosti, non serve a dare una spiegazione

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