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Ferrero bandisce l’olio di palma e il lavoro forzato

 

«I tre pilastri del nostro successo sono sostenibilità, innovazione e persone», scrive il conglomerato commerciale malese Sime Darby sulsitodedicato alle piantagioni in cui produce olio di palma. Ma sono serviti due anni di indagini statunitensi sulle pratiche di lavoro nel Paese per scoprire che il conglomerato è ricorso allavoro forzato. Per questoFerrero, la multinazionale italiana famosa in tutto il mondo per i dolci al cioccolatofondata nel 1946 ad Alba, in Piemonte, ha deciso diinterrompere l’approvvigionamento di olio di palma dalla piantagione. Questo prodotto vegetale è uno degli ingredienti principali di molti dolciumi, come i Ferrero Rocher e la Nutella, perchérende il cioccolato più morbido e ne aumenta la conservazione. All’agenzia di stampa Reuters, l’azienda ha spiegato che «il 6 aprile abbiamo chiesto a tutti i nostri fornitori diretti di interrompere la fornitura a Ferrero di olio di palma e olio di palmistiprovenienti indirettamente da Sime Darby, fino a nuovo avviso». La differenza tra i due prodotti è che il primo viene estrattodalla polpa del frutto della palma da olio, attraverso la spremitura,mentre il secondo dal suo nocciolo. Tra gli oli vegetali, quello di palma èuno dei più economici e dalla crescita più rapida, e per questo viene utilizzato in vari settori industriali, dagli alimentari, ai cosmetici, ai combustibili come il biodiesel. Ma l’industria è stata al centro di molte polemiche negli scorsi anni per via della deforestazione nel sud-est asiatico e dello sfruttamento dei lavoratori migranti,che in Malesia rappresentano l’80% della forza lavoro di olio di palma nel Paese. Ferrero ha spiegato cherispetterà la decisione della US Customs and Border Protection, l’autorità governativa statunitense responsabile delle dogane e della protezione delle frontiere. Nel 2020 avevadichiaratodi avere prove sufficienti chedimostrassero l’uso di lavoro forzato nelle piantagioni di Sime Darby e altre sei società. Per questo la dogana statunitense aveva deciso divietare le importazioni dalla malese, i cui beni erano stati posti sotto sequestro. Ferrero ha spiegato a Reuters che i suoi prodotti e marchi negli Stati Uniti hanno smesso di rifornirsi da Sime Darby a gennaio 2021. L’azienda italiana acquista relativamente poco prodotto dal conglomerato malese, che gli procurasolo lo 0,25% dei suoi volumi di olio di palma: lo ha spiegato Ferrero, dicendo che non si rifornisce direttamente da Sime Darby. E lo ha confermato anche la stessa azienda, sottolineando che Ferrero non è suo cliente. La mossa di interrompere l’approvvigionamento fa seguito a quella delle statunitensi attive nel settore alimentare Cargill Inc e General Mills Inc, e Hershey Co, la più grande compagnia Usa nella produzione di cioccolato. Questo potrebbe danneggiare Sime Darby e la sua posizione di leader nella produzione sostenibile di olio di palma, considerando chele sue azioni sono scese del 4%. Sime Darby ha dichiarato a Reuters di aver adottato misure per tutelare i diritti umani, promettendocambiamenti radicalidopo le rivelazioni statunitensi. Ferrero, all’inizio del mese di aprile, ha dovuto gestire un altro problema, stavolta di natura sanitaria:è stata costretta a ritirare alcuni prodotti Kinder provenienti dallo stabilimento belga di Arlon per via di numerosi casi di salmonellosi legati al consumo di ovetti di cioccolato. In Europa – Regno Unito, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Belgio e Francia -i casi hanno superato quota 150, colpendo principalmentebambini sotto i 10 anni. Le prime segnalazioni risalgono al 7 gennaio, in Uk, collegate solo a fine marzo dagli scienziati delCentro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattiead alcuni prodotti Kinder. Anche se non è stato registratonessun caso in Italia, Ferrero ha preferito ritirare anche quiSchoko-bons, Kinder Sorpresa T6 “Pulcini”, Kinder Sopresa Maxi 100g “Puffi” e “Miraculous”, oltre a consigliare di non consumarli se acquistati. In vista della Pasqua, l’azienda ha assicurato chele uova vengono prodotte in Italia, in uno stabilimento di Alba, e dunque non rappresentano un pericolo.

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