L’oceanoè nostro alleato nella lotta al riscaldamento globale: si stima che ogni annoassorba un quarto del carbonioprodotto dalle attività umane. Tuttavia, ci sono ancora incertezze al riguardo a causa dellamancanza di misurazioni preciserealizzate sul campo. Secondo il Mit, lestagionie letempestepossono influenzare la quantità di carbonio assorbita nelle diverse parti degli oceani,variazioni che gli attuali modelli di misurazione non sono in grado di captare. «C’è molta incertezza in quel numero», hadichiaratoRyan Woosley, chimico marino e ricercatore dell’EAPS al Mit (Dipartimento di scienze della Terra, dell’atmosfera e dei planetari). Nella speranza di provvedere a questa mancanza, lui e il suo team di ricerca hanno proposto il progetto “Ocean Vital Signs”, per l’invio didroni negli oceaniche possano misurare dettagliatamente lequantità di carbonio assorbitedai mari. La ricerca è stata presentata nell’ambito del “Climate Grand Challenges”, iniziativa interna al Mit per il finanziamento diprogetti innovativi capaci di fronteggiare la crisi climatica. «Ocean Vital Signs cerca di rispondere a una domanda -scriveil Mit – Possono i nuovi droni e l’intelligenza artificiale aiutarci acapire come funziona il ciclo del carboniosulla superficie dell’oceano, renderepiù accurate le stimeriguardo il flusso di CO2 tra l’aria e il mare e creare unarete di monitoraggio più precisa?». Qualora il progetto riuscisse aottenere i finanziamenti, verrebbero distribuiti in un’area limitata alcunidroni autonomi(così da verificare l’effettivo funzionamento della tecnologia) per poi estendere l’operato in tempi più lunghi. «Speriamo di supportare più di 5.000 giorni di osservazione incinque missioni per cinque anni, campionandocinque bacini oceanici», continua l’istituto. Il progetto non sarebbe utile solo per questo tipo di misurazione, ma anche per capire meglio quanto effettivamente l’assorbimento di carbonioinfluisce sull’ecosistema marino. Questo processo, infatti, porta all’acidificazione degli oceani, una condizione che impatta terribilmente sugli organismi marini: «Quindi, se per noi è fantastico che gli oceani abbiano assorbito parte della CO2, non lo è invece per gli oceani – ha spiegato Woosley – Anche sapere come questo processoinfluisce sullasalute marinaè importante». I dati raccolti, inoltre, potrebbero esserecomparati con quelli relativi alle emissioni di carbonio dichiarati dai diversi paesi del mondo. A tal riguardo, lo scorso anno l’agenzia britannicaReutersaveva citato un articolo pubblicato suNature Climate Change,secondo il quale le emissioni di carbonio rilasciate sono effettivamentemaggiori rispetto a quanto i singoli paesi segnalano. Il divario (di circa5,5 miliardi di tonnellate) «sorge non perché un paese stia facendo qualcosa di sbagliato», scriveva l’agenzia, piuttostoper le differenze tra modelli utilizzatida alcune nazioni per calcolare le stime. Ecco spiegata lanecessità di progetti più standardper le misurazioni: «Senza modelli più precisi non c’è modo di confermare sele riduzioni di carbonio osservate sianodovute alla politica e alle persone o all’oceano», conclude il Mit.
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