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Tutti vogliono un selfie con gli attivisti del clima

 

Oggi èsciopero per clima! Scendete in strada, studenti e studentesse! Non ascoltate coloro che vi dicono che è più importante studiare, perché se dicono così non hanno studiato né geografia,né climatologia né scienze ambientali, ma nemmeno letteratura, arte o poesia. Non ascoltate i vostri amici cheusano lo sciopero per divertirsi e andare al parco. Non pensate che non serve.Ogni azione ha un significato. Oggi si deve manifestare.Lo dovrebbero fare tutti, non solo gli studenti, ma anche lavoratori, pensionati, cittadine e i cittadini tutti. Anche i giornalisti. Scendete in strada peròcon il libro in mano, oltre che con lo striscione e il cellulare. Non con quei testi ideologici che si agitavano negli Anni ‘70, ma libri discienza e di poesia.Armatevi di tutte le risposte alle domande che critici e scettici vi pongono. Un tempo si urlava “Chiediamo l’impossibile”, oggi ci si limita a cose possibili (e importantissime) chel’inazione di politica e mondo economico rendono difficili: decarbonizzazione, mobilità sostenibile, efficientamento energetico,tutela della biodiversità, agricoltura rigenerativa. Si scende in piazza in un momento difficilissimo per l’umanità,con l’ennesimo conflitto che reclama decine di migliaia di vite umane, violando i diritto infinito della vita. Un conflitto fortementedipendente dalle fonti fossilicon il ricatto russo degliidrocarburie la nostra incapacità distaccarci dalla canna del gas. E nonostante la guerra, invece cheparlare di economia circolare, sobrietà dei consumi e efficientamento energetico, si chiedono soldi per pagare di meno gas e benzina. La guerra come l’inazione per clima sono due crimini contro l’umanità, è sempre bene ricordarlo. Un crimine a cui tutti magari sono partecipi, ma che ha sempre delle responsabilità ben precise. Per questo scendere in piazza non deve essere solo comunicazione e dimostrazione politica. Madeve essere una prima richiesta di assunzione di responsabilità. Nella crisi climatica e della biodiversità ci sono dei colpevoli, che sono più colpevoli di altri, con nomi e cognomi oppure brand e marchi. I mandanti. Nell’attivismo di oggi c’è poca azione legale ben strutturata contro questi colpevoli. Si compiono spettacolari azioni dimostrative, come le proteste di Fridays for Future o i digiuni e flash mob di XR, si inondano i social con influencer green, si urla a squarcia gola. Ma non basta: è nell’azione diretta (consumi) e in quella giuridica (processi) che si attaccano i colpevoli al cuore.Associazioni storiche,come Legambiente o Greenpeace o WWF, molto abili nel fare lobbying sulle proposte di legge,non hanno ancora sostenuto un’azione legale stringente sui cambiamenti climatici. Portare grandi multinazionali alla sbarra è un modo chiaroper far capire che sulla crisi climatica e della biodiversità non si deve scherzare più. Ne tengano ben da conto le aziendeche fanno abilmente greenwashing. Scendete in strada e chiedete dunque giustizia: finalmente anche la nostra costituzione ne tiene conto. Sono curioso di vedere chi della politica scenderà in strada con voi.Tutti vogliono farsi selfie con gli attivisti del clima. Tutti pronti a osannare la protesta giovanile, pochi a fare quello che viene chiesto (anche se le richieste temo non siano sempre puntuali e precise, cose che la politica necessita). I partiti e movimenti ecologisti maturi si danno appuntamento in varie sedi proprio in questi giorni, in assemblee e meeting,nel tentativo di costituire un nuovo soggetto ecologista progressista, un nuovo partito dei verdi (ma ci sono già), radicale, una nuova casa comune giallo-rosso-verde, un nuovo partito democratico (minuscole intenzionali). Non è chiaro nemmeno a me che seguo con interesse e speranza il loro lavoro. Un soggetto politico che doveva nascere ormai anni addietro, ma cheper incapacità programmatica non ha ancora visto la luce. Chiedete anche questo oggi, in strada, consigliando a questi bravi esperti di politica chenon c’è più tempo per cercare una geometria politica, un nuovo partito, o l’ennesimorassemblement.Persino noi giornalisti, addetti ai lavori, ci siamo stancati di questo nodo gordiano. Basta. Protestare oggi non è mai stato così difficile. La gente è spaventata dalla guerra, dal caro-prezzi, dalla pandemia che non vuole finire. Chiunque ha soluzioni facili, vende bene: nucleare, ritorno al carbone, riarmare il Paese, ignorare il conflitto.Resistere a quest’onda restauratrice richiede grande unità e sacrificio. Mettere da parte ego e poltrone, arrivismo e tensioni. Serve fare un respiro profondo e ripeterci: dobbiamo essere uniti. Solo così possiamo davvero cambiare le sorti.

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