Nell’ormai “lontano” ottobre 2019, durante la conferenza stampa congiunta di Donald Trump e Sergio Mattarella alla Casa Bianca, l’allora Presidente degli Stati Uniti non aveva risparmiato critiche allimitato budget italiano destinato alle spese militari. All’epoca era intorno all’1,15% del nostro Pil con poche possibilità di raggiungere entro il 2024l’obiettivodel 2% sancito in ambito Nato. Due anni e mezzo dopo, con il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e la guerra in Ucraina, l’auspicio di Mr Trump è diventato realtà. Mercoledì scorso la Camera ha infatti approvato un ordine del giorno collegato al cosiddetto “decreto Ucraina”, cheimpegna il governo ad aumentare la spesa miliare italiana fino al 2% del Pil – passerebbe dagli attuali 25 miliardi di euro annui a quasi 40 miliardi. Glistati membri della Nato, di cui l’Italia fa parte dal 1949, anno della sua creazione,sono tra i maggiori investitori in materiale bellico: secondo idatidel SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) sulle spese militari mondiali e sui trasferimenti internazionali di armi,tra i primi 15 Paesi per spesa militare, 6 sono membri dell’Alleanza Atlantica: Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Canada. Questo gruppoda solo raggiunge il 50% della spesa globale. Un aumento tangibile se si mettono a confronto i numeri degli ultimi 10 anni:nel 2020 è stato del 2,6% rispetto all’anno prima e del 9,3% rispetto al 2011, per un totale di 1.981 miliardi di dollari. Dietro al “lamento” di Trump diretto al Presidente della Repubblica italiano,il primato degli Stati Unitiin termini di spesa, con oltre766 miliardi di dollarie il 3.74% del GDP, al di sopra della mediana NATO (1,82% del Pil). Come riportato nellapubblicazione“Le spese militari nel mondo dagli anni Sessanta” dell’Osservatorio Conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano,Russia e Ucrainacompaiono più in alto degli Stati Uniti,spendendo rispettivamente 4,26 e 4,13% del Pile rappresentando i primi 2 Paesi europei dell’elenco, occupando il decimo e undicesimo posto in classifica. E l’Italia?Nel 2020 si è posizionata al102° posto(1,17% del Pil), sotto la mediana Ue (1,6%) e tutti i Paesi del G7 tranne il Giappone. Gli autori della ricerca hanno evidenziato come dal 1960 l’andamento dei finanziamenti bellici nel mondo siano stati caratterizzati da alcunefasiche potrebbero aiutare a capire i risvolti negativi di un lungo conflitto in Ucraina, anche rispetto alfuturo dell’industria della difesa: durante laGuerra Fredda e quella del Vietnam(negli anni Settanta, apice dei due conflitti),la spesa è rimasta vicino al 6% del Pil mondiale. Tra la fine degli anni Ottanta e la metà dei Novanta, il risultato delconfronto tra URSS e Stati Uniti, ha fatto scendere rapidamente i costi dedicati agli armamenti, per poi rimanere relativamentestabiledalla seconda metà degli anni Novanta (circa il 2,5% del Pil). Nel 2020 il leggero aumento registrato è dovuto alla caduta del Pil mondiale connessa alla crisi Covid-19. Se in occasione della sua visita a Washington nel 2019 Sergio Mattarella rispose a Trump che «l’Italia resta il quinto contributore Nato e il secondo in termini militari dopo gli Stati Uniti», il 16 marzo 2022, il Presidente del ConsiglioMario Draghiha confermato l’intenzione del governo italiano a portarela spesa per la difesa al 2% Pildando concretezza a quantoaffermatoalla Camera il 1° marzo scorso. L’aumento delle spese militari dovrebbe iniziaregià dal 2023gradualmente fino ad arrivare a quota38 miliardi nel 2027-2028, andando sempre più verso l’idea che acquisire nuovi sistemi militari sia diventata una necessità, più che una spesa.
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