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Allarme asili nido

 

Si poteva esserepiù coraggiosi, sin dal principio. Itarget di Barcellona fissati nel 2002 dal Consiglio Europeoprevedevano già una copertura diposti in asili nido pari al 33% dei bambiniaventi diritto. In Italia, la media italiana di posti nei servizi educativi su 100 bambini di età inferiore ai 3 anni, nell’anno educativo 2019/2020,è ferma al 26,9%. Il dato non è positivo. E, a volerlo leggere in profondità, presentaenormi squilibri territoriali:se in Valle D’Aosta la copertura arriva al 43,9% dei bambini aventi diritto, inCampania e Calabriala quota è ancora inferiore all’11%. Vogliamoincrociarli con i dati sull’occupazione femminile? Stando ai dati Eurostat 2020, in tre regioni italiane è particolarmente bassa. Due di loro sonoCampania (28,7%) e Calabria (29%). Lo vedete anche voi, vero? Un altro dato? I dati Eurostat sul PIL delle Regioni ci dimostrano che la ricchezza prodotta nelMezzogiornoè pari aun quartodi quella prodotta nel Nord del Paese. Il meccanismo è relativamente intuitivo:non ci sono asili nido, le donne non lavoranoperché si prendono cura dei bambini,le famigliesono piùpovere,i territori produconomeno ricchezza. Ma per fortunac’è il PNRR. Che si prefigge come obiettivo il raggiungimento entro il 2026 dell’obiettivo minimo del 33%. Appunto, dal momento che questa è un’occasione unica, si poteva essere più coraggiosi. E fissarsi un obiettivo superiore alla soglia minima. Ad ogni modo. Nel PNRR sono stati stanziati5 miliardi di euro con l’obiettivo di costruire nuove scuole, manutenere quelle vecchie e avviare processi di digitalizzazione.Sul totale di questi fondi, 3 miliardi sono stati destinati alla fascia d’età 0-6 anni, dei quali 2,4 miliardi per i bambini da 0 a 2 anni e 600 milioni per quelli da 3 a 5 anni. Per allineare tutte le regioni al parametro fissato dal Consiglio Europeo, il PNRR prevede di aumentare l’offerta di 265.000 unità,destinando al Mezzogiorno il 55,29% delle risorse. Ed ecco la sorpresa:sui 2,4 miliardi disponibili, sono state presentate domande per un importo complessivo pari a 1,2 miliardi.In altri termini, lametà dei fondi non è stata richiesta.Quali sono le regioni che hanno presentato meno domande?Campania, Sicilia e Calabria. La buona notizia è che, al fine di non rischiare di perdere i finanziamenti europei, il Ministero dell’Istruzione haesteso la deadlineper la presentazione delle domande al31 marzo. Rimangono, però, molti interrogativi. Perché le regioni italiane, soprattutto del Mezzogiorno,non hanno risposto al bando? Forse permancanza di competenze interne(i bandi rischiano di essere molto complessi e richiedono professionalità molto specifiche). Forse per il timore dinon riuscire a coprire le spese sul lungo periodo(anche se il governo ha previsto una spesa di 120 milioni di euro per quest’anno, 175 milioni per il 2023, 230 milioni per il 2024, 300 milioni per il 2025, 450 milioni per il 2026). O forse perché, se vogliamo che queste iniziative abbiano successo, è necessario (come ripetiamo da tempo) intervenire parallelamente su unasempre più necessaria rivoluzione culturale. Che allarghi la prospettiva e riconosca leconnessionitra la presenza diasili nido, il tasso dioccupazione femminilee la produzione di ricchezza e benessere per tutte e per tutti. Azzurra Rinaldi, economista, è Direttrice della School of Gender Economics all’Università Unitelma Sapienza di Roma.

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