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La pupù artificiale può salvare l’ecosistema marino

 

Finte feci di balena per dare speranza all’oceano malato. Tra qualche settimana nell’Oceano indiano inizierà un curioso esperimento di un team internazionale di scienziati e scienziate:ricopriranno zone dell’oceano con una sorta di pupù artificiale di balena. Lo scopo è comprendere se sarà possibile o meno riuscire a far rivivere alcune dinamiche fondamentali per gli ecosistemi marini i cui equilibri, soprattutto in passato, dipendevano proprio dagliescrementi dei grandi cetacei. Il punto di partenza è chec’è sempre meno fitoplancton, l’insieme degli organismi che sono alla base delle catene alimentari degli oceani e al contempo favoriscono l’ossigeno eassorbono enormi quantitativi di CO2. Più di quattro secoli fa, grazie a una importante presenza di balene, quando queste risalivano in superficie rilasciando i loroescrementi carichi di azoto e nutrientisi innescava automaticamente il processo che porta, grazie all’aiuto del sole, alla crescita di fitoplancton e da lì di zooplanctondi cui si nutrono i cetacei e tantissime altre creature marine. Un cerchio che funzionava ma che, con il solito zampino umano, è stato compromesso con lacaccia alle balene. Oggi la presenza di questi meravigliosi mammiferi marini è infatti ridotta,ne restano solo il 5% rispetto a 400 anni fae di conseguenzala presenza delle loro feci negli oceani è decisamente inferiore rispetto al passato. Con conseguenze sugli equilibri della catena alimentare. Con l’aiuto del Woods Hole Oceanographic Institution nel Massachusetts e l’Institute of Maritime Studies di Goa, i ricercatori e le ricercatrici stanno provando aricreare “biomassa marina”che possa replicare la funzione degli escrementi. In sostanza l’idea è quella di sfruttarescarti di produzione dell’industria del risoa Goa, fra cui bucce e altri elementi organici, da cuocere e mescolare con sostanze nutritive per ottenere una sorta di “cacca di balena artificiale”. Una volta ottenuto questo composto – spiega SirDavid Kingdel Center for Climate Repair dell’Università di Cambridge, ex consigliere scientifico capo del governo del Regno Unito e oggi uno dei leader del progetto – verrà rilasciato in superficie nel Mar Arabico per vedere se in quelle zone crescerà fitoplancton.L’esperimento si svolgerà nelle prossime settimane e ci vorrà diverso tempo per comprenderne i potenziali benefici. Se dovesse risultare un successo, però,i benefici potrebbero essere doppi: da una parteil ristoro per gli ecosistemi edall’altra darebbe una mano importantecontro la crisi climatica.Come ricorda King infatti «oltre al fatto che il fitoplancton fornirà cibo per i pesci, assorbirà anche anidride carbonica, quindi c’èun secondo potenziale guadagno che questo progetto potrebbe fornire al Pianeta».

Redazione

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