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Gabriele Davi: «In Svizzera ho trovato il mio posto nel mondo»

 

Interlaken è un paesino al centro dellaSvizzeracircondato dalle Alpi Bernesi, tra le acque cristalline del Lago di Thun e del Lago di Brienz.Sugli specchi d’acqua si riflette una nuvola di vapore che viene su da una casetta di legno. L’insegna dice “Lo stambecco”: è un ristorante, ha aperto da poco, nel piccolo centro si è sparsa la voce. Il suo proprietario ha 28 anni, è torinese di nascita e si chiama Gabriele Davi. Non è la prima volta che va a vivere in Svizzera, ma aver aperto un locale tutto suo lontano da casa è una vera novità.La svolta di questo cuoco under 30 non è solo l’inaugurazione di una nuova attività, ma anche la presenza costante della sua famiglia.Un aiuto economico in un momento cruciale, ma soprattutto un supporto in una nuova avventura intrapresa da solo. «A 20 anni sono venuto a Zurigo usando i miei risparmi, ospitato da mio zio a 300 km da casa»spiega Gabriele dalla sua cucina calda e accogliente, versione mignon. Voleva dare uno scossone alla sua vita e ai suoi progetti, ma un anno dopo i suoi piani sono sconvolti dalla morte del padre.«La famiglia ha iniziato a contare di più su di me, le responsabilità sono cresciute e io con loro». Il rientro a casa è stato doloroso ma essenziale per affrontare insieme un momento così buio. La Svizzera, però, continuava a rimbombare tra i suoi pensieri.Non aveva idea che avrebbe aperto un ristorante, era una visione estrema, sfocata, inimmaginabile. «All’inizio pensavo di prendere un camioncino e farestreet food,poi però ho trovato lavoro in un ristorante a Interlaken». E una sera, dopo una giornata passata a sudare dietro ai fornelli, gira l’angolo e legge “locale in vendita” su una lavagnetta appesa a una porta di legno. «Ho visto l’insegna, ho raccontato a mia madre la mia idea e lei ha accettato di aiutarmi.È venuta qui insieme a mio fratello ed è da qui che è iniziato tutto. Che abbiamo iniziato tutto». La sua è una svolta ancora in corso. Prima o poi tornerà? «Non è mai troppo tardi per fare un’inversione di marcia: i cambiamenti non sono mai a senso unico».

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