Negli anni ‘40, una nave mercantile faceva sbarcare un clandestino a Guam, l’isola più a sud nell’arcipelago delle Marianne: il serpente dagli alberi marroni. Il suo inserimento all’interno dell’ecosistemadeterminò la distruzione di intere catene alimentari e l’estinzionedi quasi tutte le specie di uccelli presenti su Guam. Il nuovo abitante dell’isola provocò infatti un disastrosoeffetto dominosu molte famiglie di alberi, la cui proliferazione dipendeva proprio da quei volatili che si nutrivano dei loro frutti, per poi disperderne i semi. Nella storia del nostro Pianeta non si tratta di un episodio isolato. Oggi interi ecosistemi sono in pericolo per il declino di particolari specie di uccelli o mammiferi in tutto il mondo. Uno studio pubblicato suScience, condotto da alcuni ricercatori statunitensi e danesi presso l’università di Aarhus,ha calcolato l’impatto del cambiamento climatico sulle piante che dipendono dagli animali. Gli scienziati hanno creato modelli in grado di prevedere due tipi di interazione tra flora e fauna: la germinazione e la superficie di dispersione dei semi. I modelli precedenti stimavano fino a che punto un animale può far circolare un seme, utilizzando una semplice equazione:più le dimensioni dell’animale sono grandi, più lontano può trasportare il seme. Questo ragionamento non può essere applicato alla lettera, ma occorre considerare altri fattori che variano in base alla situazione esaminata. Per esempio, nel caso di due uccelli di massa simile, uno potrebbe viaggiare per lunghe distanze mantenendosi sopra la foresta, mentrel’altro potrebbe volare per distanze più brevi sotto la chioma degli alberi, determinando diversi gradi di dispersione. I ricercatori hanno messo a punto un modello servendosi di dati su migliaia di interazioni pianta-animale, per esempio il bucero corrugato e il lemure dal collare, una delle più grandi scimmie dell’Africa sud-orientale. La maggior parte dei dati riguardano specie che in un modo o nell’altro hanno condiviso gli stessi habitat per centinaia di migliaia di anni. Purtroppo, il cambiamento climatico sta modificando questi intervalli di tempo,facendo sì che specie che non si sono mai evolute insieme occupino contemporaneamente lo stesso spazio. I modelli sono stati usati poi per valutare in che modo l’attività umana ha influenzato la capacità dei mammiferi di disperdere i semi su lunghe distanze. Nella maggior parte delle regioni del mondo, i mammiferi o gli uccelli in grado di trasportare semi a lungo raggio sono diminuiti notevolmente. In America centrale, alcune specie di animali possono garantire 1 km di dispersione, in Africa fino a 5 km. In uno scenario diverso, senza l’impatto dall’uomo o l’introduzione di nuove specie, questi animali trasporterebbero semi più grandi. Gli scienziati hanno quindi ipotizzato come il calo di esemplari di determinate specie animali abbia intaccato la loro capacità di dispersione.In media le piante interessate da questo fenomeno hanno subito una riduzione del 60% delle possibilità dei loro semi di spostarsi in ambienti nuovi e più adatti. Oltre a un approccio conservativo, servirebbe un ripristino di specie. Dal 2010 al 2017, per esempio, in Brasile gli ambientalisti hanno reintrodotto l’aguti dalla groppa rossa e la scimmia urlatrice marrone nel Parco Nazionale di Tijuca.
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