Categories: Ambiente

La versione dei #GreenHeroes

 

Non riesco a guardareDon’t look up,il film che spopola con Leonardo DiCaprio. Mi dicono tutti che sia molto divertente, che sia una commedia, che il cambiamento climatico non sia nemmeno menzionato, che mi piacerebbe. Eppure no. Non ce la faccio. Ho la netta sensazione che mi farebbe venire una angoscia difficilmente gestibile. Lo so benissimo di mio, infatti, quanto paradossale possa essere la disattenzione dei media e della politica a quello che ha da dire la scienza, anche quando le conseguenze della “non curanza” hanno a che vedere con la sopravvivenza del genere umano. Ero ancora ragazza quando, uscita fresca fresca da ingegneria meccanica, mentre lavoravo come consulente per la sostenibilità ambientale e mi accingevo a tentare il concorso per il dottorato in Energetica,nutrivo la convinzione che la transizione ecologica fosse sul punto di cambiare le nostre vite.Ero convinta che sarebbe stata solo una questione di tempo:le evidenze sul cambiamento climatico erano tali e tante, i valori aggiunti della transizione ecologica sulla qualità della vita delle persone, sulla lotta alle diseguaglianze e alle tensioni geopolitiche erano così lampanti, che non poteva mancare molto. E invece sono passati più di 20 anni, è cambiato ben poco nell’approccio fossile di chi tiene le redini del Paesee siamo nel pieno di una fase ancor più surreale, in cui moltissimi parlano di sostenibilità, salvo poi pensare basti una bella passata di verde a effigi politiche o commerciali perché la gente creda che si stia veramente concorrendo a un cambiamento (peraltro sempre più urgente), che invece viene ostacolato e osteggiato in ogni modo. Non voglio guardare il film, come una bambina con le mani sulle orecchie che non vuol sentire, perché lo so già benissimo che se indichi il meteorite non ti ascoltano, perché sono anni che in diversi sbattiamo la testa su quale possa essere la strada alternativa, visto che questa non funziona. Non funziona nemmeno se proprio quello stesso modello fallimentare di distruzione dell’eco-sistema, nel frattempo, si rende responsabile anche di lasciar dilagare una pandemia annunciata e di amplificarne le drammatiche conseguenze. Perché la paura troppo spesso si fugge, non si indaga. Con grande profitto e goduria di chi questo cambiamento non lo vuole, nemmeno lontanamente. “La transizione ecologica avverrà, quando apparirà socialmente desiderabile”, diceva Alex Langer. Ed è in questo solco prezioso che si inserisce un progetto nato quasi per caso (da un incontro su Twitter tra mondi solo apparentemente lontani) che pian piano ha preso forma, sostanza e un po’ si, a questo punto posso dirlo, anche il volo! Sono passati più di 3 anni da quando l’urgenza di contribuire alla causa ecologista di un artista, attore e regista, sempre più amato, popolare ed eclettico comeAlessandro Gassmann ha incontrato il mio desiderio di uscire dagli angusti anfratti degli “esperti del settore”, certamente pieni di competenze preziose, ma incapaci di trovare le strade per metterle davvero a frutto, a beneficio di tutte e tutti. A partire da quell’innesco un po’ sghembo,sono moltissime le persone e i talenti che ci hanno consentito di costruire il progetto dei #GreenHeroes: donne e uomini che con visione e approccio sistemico hanno dimostrato (e dimostrano ogni giorno), a suon di fatturato in crescita e posti di lavoro creati, quanto scommettere sulla sostenibilità in modo radicale sia vincente. Sono le protagoniste e i protagonisti di quelle economie generative, innovative, inclusive, solidali che mostrano una faccia eccellente e virtuosa di questo Paese, mai abbastanza raccontata,mai abbastanza presa a modello, ma realmente in grado di fare la differenza. Il 1° febbraio è uscito in tutte le librerie e su tutte le piattaforme online un libro a cui tengo moltissimo, che queste storie le racconta dall’inizio, legandole indissolubilmente a quella personale di Alessandro Gassmann, che ne è portavoce e “megafono”, come ama dire. Io e i #GreenHeroes, edito da Piemme, è stato scritto da Alessandro Gassmann con Roberto Bragalone, generoso cacciatore e narratore di storie fin dai primi momenti, con il supporto scientifico di Kyoto Club (associazione no profit impegnata da 30 anni nel contrasto al cambiamento climatico),e con la mia postfazione. Si prova a dire che “guardare in alto” non solo è necessario, ma è anche proprio bello. E chissà che la curiosità, l’ispirazione e il desiderio di vivere meglio, non abbiano miglior fortuna della paura!

Redazione

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