Coloranti minerali che si mischiano con l’ocra, sangue di canguro, resine mescolate con acqua e saliva. Ma anche pittura su corteccia, figure stilizzate e geometriche. E tanto, tanto colore. Documentare l’arte aborigena australiana è riempirsi l’occhio di quello che la natura può offrirci. Raccontando denunce e usurpazione ai danni delle popolazioni locali, ricordando usanze legate indissolubilmente alla Terra, alla ricerca di simboli lontani dalla cultura occidentale. I lavori dell’artista e attivista australiano Pitjantjatjara Kunmanara Mike Williams, morto nel 2019, mostrano lo sfruttamento del territorio e lo fanno attraverso la creatività aborigena: cartine, stampe, tele, installazioni, tutte caratterizzate da colori sgargianti e caldi. L’abilità di Rhonda Sharpe, invece, è tutta nelle piccole sculture cucite con stoffe locali. Dalle bambole vibranti di colori che testimoniano le battaglie del popolo aborigeno alle opere autobiografiche che raccontano la battaglia personale contro l’alcolismo. «Ho solo due idee: bere o cucire» ha raccontato Sharpe in un’intervista. «Devo scegliere, ogni giorno, in che direzione andare». L’artista Rhonda Sharpe (foto di Emma Louise Murray – Araluen Arts)Credit: foto di Rhett Hammerton “The Government doesn’t have Tjukurpa”, Kunmanara Mike WilliamsCredit: Museum of Contemporary Art Australia Rhonda Sharpe a lavoro (foto di Jeff Tan) (The Guardian) L’attivista aborigeno Kunmanara Mike Williams.Credit: foto di Rhett Hammerton
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