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L’Italia non fa abbastanza per cani e gatti

 

Animali di serie A e animali di serie B: in Italia il divario Nord-Sud tocca anche cani e gatti, con una pubblica amministrazione poco interessata, su tutto il territorio, a garantire un benessere ai quattrozampe che vivono nei centri urbani.Legambiente chiede un’anagrafe nazionale entro la fine del 2022 per tutti gli animali d’affezione o da compagnia: un modo per rendere più evidenti le mancanze e i bisogni che toccano più della metà della popolazione italiana. Nell’indagine “Animali in città” a cura dell’associazione ambientalista, delle 656 amministrazioni coinvolte neanche la metà (47,4%) ha dichiarato di avere attivato un servizio dedicato agli animali. E solo uno su 13 ha raggiunto una performance almeno sufficiente nella gestione di cani, gatti e non solo.Tra le amministrazioni più virtuose spiccano Prato, Verona e Modena:si sono distinte nell’offerta di servizi e in azioni dedicate alla prevenzione e alla migliore convivenza con gli animali d’affezione, padronali o selvatici in città. Ea Milano si registra il minor numero di cani in canile in rapporto ai cittadini. Tra le 50 aziende sanitarie considerate, il 76% ha almeno un canile sanitario o un ufficio di igiene urbana veterinaria. Ma a rispondere è stato solo il 44,6% dei contattati. C’è scarso interesse a condividere le proprie performance?La spesa pubblica dedicata al settore nel 2020 è in calo rispetto all’anno precedente, con quasi 193 milioni di euro,mentre quella pro-capite si è attestata a 2,4 euro per i Comuni e a 0,85 euro per le aziende sanitarie. Gran parte dei costi sono assorbiti dalla gestione dei canili rifugio, per cui i Comuni spendono ben il 61,8% del bilancio destinato: si tratta di strutture “indispensabili nel modello attuale”, ma “fallimentari rispetto a obiettivi credibili di benessere animale e contenimento delle spese”. Per Legambienteil Paese è molto indietro sulle sterilizzazioni di cani e gatti e persiste la piaga del randagismo,che rappresenta il maggior costo per la collettività. Vengono attuati pochi regolamenti che invece favorirebbero una più armonica e sicura convivenza con gli animali, con un basso livello di conoscenza della biodiversità animale. Emblematica anche la scarsa partecipazione dei Comuni all’indagine: solo l’8,3% del campione contattato ha risposto in modo completo. Anche per questo servirebbe l’anagrafe unico nazionale, oltre a una rete di accordi tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati per la cura degli animali, più assunzioni tra i veterinari e più strutture sanitarie a hoc.L’ideale sarebbe avere un canile e gattile ogni 50-100 mila cittadini, oltre a un ospedale veterinario ogni 300-400 mila cittadini.E distribuirli equamente sul territorio. a oggi le migliori performance si registrano nel Nord Italia.

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