Categories: Diritti

Le statue del dissenso, da Wall Street ad Acquapendente

 

Nel quartiere-simbolo della finanza mondiale, a Wall Street, non si può andare via senza aver toccato almeno una volta nella vita la statua del toro scolpita da Arturo Di Modica che, imponente, padroneggia sulla Broadway davanti al Bowling Green Park. Da qualche anno, però, un’altra (piccola) statua “minaccia” il charging bull di Wall Street: quella della Fearless Girl (Bambina senza paura, ndr). Inaugurata nel 2017 in occasione dei festeggiamenti per l’8 marzo, come simbolo della forza delle donne e della lotta contro la predominante presenza maschile negli ambiti di potere nell’economia americana, la statua realizzata da Kristen Visbal era stata voluta dalla società di asset management State Street Global Advisors (una delle più influenti al mondo) per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del ruolo delle donne nel mondo della finanza, decisamente poco rappresentate. La ragazza di bronzo, in piedi con le braccia sui fianchi, sarebbe dovuta rimanere davanti al Toro di Wall Street almeno un mese, secondo i piani originari, restando invece poi ben di più, come potete leggere a breve. Ha scatenato però già dal primo giorno dell’installazione la infastidita reazione di Arturo Di Modica: tra le sue motivazioni, il fatto che le autorità competenti non abbiano chiesto il suo consenso, e che in questo modo sia stata “intaccata” la valenza forte e vigorosa del Toro, simbolo della Borsa americana. In questi anni la Bambina senza Paura ha dovuto fare i conti con la burocrazia e i permessi rilasciati dalla città di New York, rischiando ripetutamente di essere rimossa. L’artista Kristen Visbal chiede che la sua statua diventi proprietà diretta della Grande Mela, essendo diventata ormai un simbolo, di modo da non rischiare più – finalmente e definitivamente – di essere rimossa… “L’uguaglianza ha molte sfaccettature, non possiamo averne una visione miope”, ha ricordato Visbal in occasione di una conferenza stampa davanti alla Bambina, “Dobbiamo creare una cultura basata sull’uguaglianza di genere. Lei deve rimanere finché non ci riusciamo.” Se la Bambina senza Paura ha creato così tanto scalpore negli Stati Uniti, nelle città italiane le statue che raffigurano delle donne non arrivano neanche a 200 – 171 per l’esattezza. Poche. A Milano ce ne sono solo un paio (quelle che rappresentano personaggi maschili sono 125), a Torino 1, e nella capitale non superano la decina. A partire dal 2020, un’associazione di professionisti e professioniste del settore dei beni culturali, Mi Riconosci, ha realizzato un censimento delle statue pubbliche e dei monumenti dedicati a donne nel nostro Paese. Dai risultati pubblicati a fine 2021, è emerso che dei 171 monumenti e statue con personaggi realmente esistiti, o letterari e leggendari, o con figure anonime collettive, solo il 36% è collocato al centro di una piazza; il restante si trova in posizioni più defilate. Poche le donne ricordate per meriti che non includano il sacrificio o la cura. Tra i monumenti dedicati a donne realmente vissute in Italia, non figurano Elsa Morante, Nilde Iotti o Tina Anselmi, sottolinea l’Associazione. Diverse le statue figurative intere che intendono omaggiare donne del passato o specifiche categorie che sono scolpite con corpi nudi o fortemente erotizzati. Tra i casi più eclatanti, la fontana dedicata a Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli ad Acquapendente (in provincia di Viterbo), giornaliste morte rispettivamente in Somalia e in Afghanistan mentre facevano il loro lavoro, raffigurate però nude. L’Associazione conclude che l’obiettivo dell’indagine non è stato puntare l’attenzione su un’assenza da colmare ma piuttosto indurre alla riflessione su un dato evidente: le statue che ritraggono delle donne, in Italia, tendono per lo più a puntare su una generica idea di femminilità, senza valorizzare mai il contenuto e il valore delle persone, delle storie che rappresentano e portano avanti. Peraltro alcune statue di donne sono diventate molto più di un ornamento, da quella della Libertà a Ellis Island, all’imponente Madre Patria che “chiama” la Russia a Volgograd. Tra le sirenette famose, poi, non c’è solo quella di Copenaghen: anche quella di Varsavia in Polonia a esempio, dove la Statua della Sirena figura sullo stemma araldico della città fin dal XVI secolo. Raffigurata con in mano una spada e uno scudo in qualità di protettrice, sempre pronta a combattere, la si può trovare non soltanto nella piazza della città vecchia ma anche in giro per la capitale, a esempio presso il viadotto Stanisław Markiewicz o in Ulica Grochowska. Nella parte inferiore del corpo, dove normalmente si trovano le gambe, spuntano due code: segno dell’indole combattiva della sirena e della città. Chissà se Arturo Di Modica ha avuto mai modo di conoscere e studiare tutto questo.

Redazione

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