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PNRR: ma gli italiani lo conoscono davvero?

 

Tra errori e difficoltà di pronuncia, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, spesso abbreviato con la sigla PNRR, è finalmente realtà. Preparato dall’Italia per rilanciare l’economia al fine di permettere lo sviluppo verde e digitale del Paese, il piano si inserisce all’interno del programma Next Generation EU, il pacchetto da 750 miliardi di euro costituito per circa la metà da sovvenzioni dirette e preparato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica. Tanti, tantissimi soldi. Parliamo per l’Italia di 222,1 miliardi di euro (che si aggiungono a ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche e per il reintegro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, e a 13 miliardi dal programma REACT-EU che dovranno essere spesi entro il 2023). E dove andranno? Come li spenderemo? Siamo tutti già un po’ più ricchi? Non sono domande stupide e banali: perché fuori dai Palazzi della politica, italiana ed europea, poche persone hanno consapevolezza dell’immensità del piano. Colpa dei media, dei politici, o di tutti e due? Una ricerca di Changes Unipol, elaborata da Ipsos e appena pubblicata, ha analizzato proprio la conoscenza, l’interesse e la fiducia nei confronti del PNRR e delle sue principali caratteristiche, indirizzando i quesiti a 1.720 persone di età compresa tra 16 e 74 anni, residenti nelle principali aree metropolitane del Paese e suddivise genere, età, area geografica, ampiezza del centro abitato, titolo di studio, tenore di vita, professione e nucleo familiare. Tra i risultati, spicca quello di Bologna: con l’11% degli intervistati, la città guida la classifica delle Aree Metropolitane con la conoscenza più approfondita del Piano, percentuale doppia rispetto alla media delle altre città. Seguono Verona (9%) e Roma (7%). Quindi, quanto ne sappiamo sul PNRR? 1 italiano su 5 ha una conoscenza di massima, e solo il 5% della popolazione ne sa invece in modo davvero approfondito. Partiamo dal nome stesso, PNRR: l’88% dei baby boomers (chi ha tra 57 e 74 anni) lo conosce e sa inquadrarlo, indice che scende fino al 77% tra i giovani della Generazione Z (coloro compresi tra i 16 e i 26 anni di età). La ricerca evidenzia infatti come la conoscenza del Piano cali proporzionalmente al diminuire dell’età; dopo i baby boomers c’è, andando a ritroso, la Generazione X (41-56 anni) attestata all’83%, seguita dalla categoria dei millennials (coloro che hanno tra i 27 e i 40 anni) appena sotto la media (l’80% lo ha almeno sentito nominare). In quest’ultimo caso però il nucleo forte di chi ha una conoscenza più specifica del PNRR risulta essere sopra la media nazionale (23%, rispetto a una media del 21%), in linea con quella della popolazione più matura (24%). Dati non elevatissimi. Eppure, 2 italiani su 3 vorrebbero saperne di più su come le riforme del PNRR contribuiranno concretamente alla ripresa del Paese. C’è un dato che dà da pensare, tra chi ha almeno sentito parlare del PNRR e ne ha una infarinatura minima: per questa fetta di popolazione è diffusa l’opinione che i fondi non siano sufficienti. Ripensando agli oltre 200 miliardi di euro da investire nelle 6 missioni del piano, non sembra proprio così. Il 73% di chi ha almeno sentito parlare del Piano ritiene però che i fondi stanziati non saranno comunque sufficienti e, soprattutto, pensa che serviranno altri fondi pubblici a integrazione. Opinione quest’ultima diffusa soprattutto tra i millennials (57%, rispetto al 51%, 50% e 45% riferibili rispettivamente a Generazione X, Generazione Z e baby boomers) e nelle Aree Metropolitane del centro Italia. Interessante la differenza tra le priorità degli italiani intervistati e i fondi stanziati per le 6 missioni del PNRR (ricordiamole: “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura”, “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, “Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile”, “Istruzione e Ricerca”, “Inclusione e Coesione”, “Salute”). A quasi 2 anni dall’inizio della pandemia, tra le 6 missioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) la priorità degli italiani (31%) è la salute, nonostante sia l’ultima per i fondi stanziati dal Governo. Al secondo posto “Rivoluzione verde e Transizione Ecologica” (18%), missione che risulta al primo posto per fondi stanziati, davanti a “Inclusione e coesione sociale” (17%), “Istruzione e ricerca” (13%), “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” (11%) e “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” (10%).

Redazione

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