Categories: Storie

Svolta President*, Liliana Segre

 

Cammina, non puoi cadere, una gamba davanti all’altra, non puoi cadere. C’è un istante scolpito nella memoria di Liliana Segre, senatrice a vita e sopravvissuta all’Olocausto. Di tanto in tanto, si legge sulle pagine dei giornali o si sente nelle interviste televisive e quando capita, è sempre un colpo al cuore. Liliana è una ragazza di quattordici anni, ormai da un anno e mezzo deportata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Ancora viva, ormai più simile a un ectoplasma che a una giovane della sua età. Ha perso il padre amatissimo, l’ultima volta lo ha visto allontanarsi nella fila degli uomini all’entrata del campo. È il 1945 e da gennaio la lunga colonna di prigionieri, proveniente dai lager evacuati, sta affrontando la marcia della morte verso la Germania. Quell’appellativo, con cui verrà ribattezzata in seguito, lascia poco spazio a equivoci: i soldati hanno l’ordine di sparare a chiunque dia segni di cedimento o stanchezza. La piccola Liliana non può crollare, si stringe nella sua divisa consumata e procede, un passo dopo l’altro. Poi, a un certo punto le si presenta un’occasione. Quello sarà il suo ultimo giorno di prigionia, ormai l’Armata Rossa è vicina: trapela del nervosismo tra i soldati nazisti. Alcuni iniziano a fuggire e uno di loro in particolare attira la sua attenzione. Si tratta di un ufficiale, uno dei più crudeli, che nei mesi precedenti non ha risparmiato nessuno dai colpi del suo nerbo di bue. L’uomo si sfila l’uniforme e rimane in mutande, cercando disperatamente di confondersi tra i deportati. Ma, è la pistola a catturare lo sguardo di Liliana: il militare l’ha gettata a terra, assieme alla fondina. Sembra chiamarla inesorabilmente, mentre l’odio, che cova nel cuore e che l’ha tenuta in vita tutti quei mesi, sgorga fuori senza freni. Ecco l’opportunità agognata nelle notti di gelo e nei giorni di fatica, i ruoli del carnefice e della vittima finalmente ribaltati. Dopotutto è ciò che il soldato e quelli come lui si meritano, sarebbe giusto, quasi naturale brandire la pistola e ucciderlo. Eppure, l’abisso che sta per inghiottirla si richiude: è stato un attimo, una tentazione potente, ma Liliana si ferma. Non sparerà. È stato in quel momento che ha scelto di essere la donna libera e di pace che tutti conosciamo. Per il suo impegno sociale, di denuncia contro ogni forma di razzismo e intolleranza, per aver deciso di rompere il silenzio e ricordare, per il lungo lavoro di testimonianza nelle scuole, Liliana Segre è riconosciuta dai più come una potenziale Presidente della Repubblica. I 91 anni della Senatrice, però, non costituiscono l’unico ostacolo alla sua nomina: più che una politica di mestiere, la Segre ha sempre rappresentato un simbolo di democrazia.

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